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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

L'Ora della Verità


Dalla prossima settimana, in occasione del Gran Premio di Arabia Saudita, tornerà il classico schema di Giù la Visiera, con approfondimenti, spunti tecnici e riflessioni sportive in vista della gara seguente.


La prima corsa stagionale merita invece una riflessione diversa, che si concentri su un aspetto a lungo trascurato in queste settimane di test (qui la nostra analisi).


Buona lettura e buon divertimento: che i motori possano regalare, in questi giorni difficili, qualche istante di serenità.

Non saranno certo i piloti a decidere il Gran Premio del Bahrein. Non è così da anni in Formula Uno e, forse, non lo è stato mai. Nel deserto mediorientale vincerà la monoposto migliore: la più più gentile sulle coperture e la migliore in trazione, la più stabile in frenata e meno condizionata dal porpoising l’ormai celeberrimo saltellamento dovuto ad instabilità aerodinamiche dei nuovi fondi -, quella dotata della Power Unit più potente.


Dopo sei giorni di test, però, la tecnica e lo stato di forma delle vetture sono diventati argomenti talmente ripetuti da risultare quasi noiosi. Serve attendere il Q3 di sabato pomeriggio per scoprire i valori in campo; prima, si possono solamente azzardare congetture, e farlo più di una volta rasenta l’inutilità.


Piuttosto, in occasione del via di un campionato attesissimo, si può rivolgere lo sguardo ai piloti. I 20 esseri umani più veloci del pianeta, gli eroi che rendono impareggiabile uno spettacolo sportivo altrimenti dominato dalla tecnica.


Non basta un ottimo pilota per vincere un Gran Premio. Lo abbiamo già detto e, a scanso di equivoci, lo ripetiamo. Piuttosto, dentro qui caschi multicolorati ormai semi-nascosti dall’Halo si nasconde il componente più importante dell’intera monoposto. Mani, piedi, cervello e sensazioni capaci di compiere azioni impossibili ai più, di trovare l’ultimo decimo che separa due vetture vincenti dal primo o il secondo gradino del podio, di immaginare una staccata al limite o una partenza imperiosa.


Insomma, in pochi hanno parlato di piloti durante queste giornate di test. Eppure, per molti di loro, il Gran Premio del Bahrein sarà l’ora della verità, l’inizio di una stagione fondamentale per la propria carriera.


Max Verstappen, il campione del mondo in carica, non si presenta al via ‘solamente’ forte dei favori del pronostico. L’asso olandese potrebbe entrare, nel 2022, in una dimensione completamente nuova. Liberato dal peso del primo mondiale, come accadde dopo il 1994 a Michael Schumacher, il numero 1 dovrà superare l’ultimo livello di crescita che attende un grande campione: confermarsi al vertice. Il Kaiser – che Max, da bambino, chiamava zio – nel 1995 sbaragliò la concorrenza nonostante guidasse la seconda vettura più veloce in pista; seppe bilanciare meglio la propria aggressività e diventò pressoché insuperabile, feroce, spaventosamente efficace. Tratti da pilota che non mancano di certo a Verstappen, ma che potrebbero non essere ancora emersi del tutto dal devastante potenziale che sembra contraddistinguere l’olandese. La RB18 aiuterà nell’impresa, questo è certo; se Max dovesse però sbloccare costantemente gli ultimi decimi a disposizione, la consacrazione nell’olimpo dei campionissimi sarebbe definitiva.


Le prime gare del 2022, dal Bahrain in poi, saranno cruciali anche per Fernando Alonso. Il pilota asturiano, durante la scorsa stagione, ha dimostrato di non aver minimamente perso il proprio tocco magico – sorprendendo diversi appassionati, compreso chi scrive -; gare come quella ungherese o quella qatariota hanno offerto lo stesso Alonso di dieci anni fa, colui che portava sul podio una Ferrari tutt’altro che meritevole. Inoltre, il Nano non ha mai subito un calo significativo. L’esatto contrario è accaduto all’Alpine, una scuderia ultra-deludente nel 2021 nonostante il quinto posto finale. La A522 ha tutt’altro che brillato nei test, ed in pochi scommettono, alla vigilia, su un arrivo a punti per lo spagnolo o il compagno Ocon. Dovessero confermarsi le peggiori aspettative, Fernando giungerebbe al capolinea? Qualche altra scuderia di medio-alta classifica potrebbe farsi avanti o assisteremmo all’ultima stagione densa di prestazioni al limite del commovente, per poi rimpiangere un talento che ha raccolto molto meno del meritato in Formula Uno?


Nella prima parte di carriera Alonso sfidò ripetutamente Michael Schumacher. In Bahrein si schiererà in griglia accanto al figlio della leggenda tedesca, continuando a chiudere un cerchio denso di suggestioni e malinconia. Chissà se un pensiero del genere ha mai sfiorato la mente di Mick Schumacher: la stella dell’accademia Ferrari è chiamata alla stagione verità, sin da domenica prossima. Nel 2021 non si poteva pretendere un granché: monoposto pessima, compagno di squadra dal valore non certo assoluto. La Haas del 2022 promette il contrario: sognare un arrivo a punti non è del tutto peregrino e, dall’altro lato del box, siederà Kevin Magnussen, un pilota veloce, rispettato e alquanto capace. In meno di ventitré corse si deciderà il futuro di Mick: riuscirà a mettere in difficoltà la Ferrari nella scelta dei piloti futuri? Le porte molto probabilmente chiuse di Maranello lo allontaneranno dal dolcissimo sogno di approdare in Rosso o verrà strappata una promessa di unione nel medio termine? Sono tutte domande alle quali è impossibile rispondere senza il responso di una serie di giri da qualifica, dei primi corpo a corpo della carriera del tedesco o della dimostrazione di saper rimanere lucido al crescere della posta in palio.


Un pregio, il rimanere lucido, che Lewis Hamilton ha scolpito nel proprio pilotare. L’inglese non sbaglia praticamente mai. Al massimo non cede una curva, come a Silverstone, ma nel corpo a corpo e nei momenti topici è diventato un semi-robot. Chiamato, nel 2022, ad una vendetta sportiva che mal si addice all’immagine minuziosamente costruita negli ultimi anni, ma che inevitabilmente solleticherà l’orgoglio ferito del campionissimo. Lasciar sfogare in pieno il talento di Verstappen potrebbe rivelarsi un punto di non ritorno, oltre il quale gli otto titoli iridati rimarrebbero una chimera.


Da Norris a Ricciardo, da Russell a Perez ogni altro pilota ha qualcosa da chiedere al 2022 e altrettanto da dimostrare. C’è chi si deve togliere l’etichetta di gregario e chi schivarla sin dai primi metri di corsa; chi deve confermare le enormi attese riposte su di sé da un team storico come la McLaren e chi, vestito nello stesso modo, deve salvare in corner un finale di carriera che tutti, nessuno escluso, immaginavano diverso.


Poi ci sono loro: i piloti della Ferrari. Il 2022 è l’ora della verità per ogni singolo membro della Scuderia, da Binotto a scendere. Eppure, se la F1-75 dovesse davvero rivelarsi al vertice, le speranze del popolo del Cavallino si riverseranno immediatamente nei due piloti, chiamati ad esaltare le macchie scarlatte nel viaggio lungo quattro contenenti.


Carlos Sainz arriva da una stagione ben oltre le aspettative. Quattro podi contro il singolo del compagno, più punti in classifica. Un’etica del lavoro esemplare, una comprensione del Mito e di ciò che comporti praticamente immediata. Eppure, non tutti lo vedono come potenziale campione del mondo. Lui stesso ha recentemente affermato a Beyond the Grid, con grande intelligenza, ‘di puntare prima di tutto alla vittoria di un Gran Premio, che mi manca. Poi penserò al campionato, il che sarebbe una logica conseguenza’. Carlos, però, è circondato da squali, e deve per forza di cose giocare la stessa partita. Servono colpi in qualifica finora rari ma del tutto possibili, serve prontezza nel cogliere l’attimo in gara che vada oltre il saper mantenere un ritmo irraggiungibile ai più, a parità di vettura. Perché la coppia Ferrari è con tutta probabilità la migliore del mondiale, ma per raggiungere l’iride Sainz serve diventare, prima di tutto, il candidato indiscusso all’interno del proprio box.


Qui entra in scena Charles Leclerc. L’unico pilota che, dopo la batosta di Zeltweg 2019, rese il favore a Silverstone a Max Verstappen e da quel momento fu davvero rispettato dall’olandese, altrimenti spietato con i rivali. Il monegasco, assieme ad Hamilton, è probabilmente l’unico collega che impensierisca Max, complice anche la rivalità storica nell’infanzia dei due. Ancor più dell’olandese, Charles è chiamato alla stagione della consacrazione. I risultati del 2021, per molti versi, sono stati bugiardi (qui un approfondimento più che esaustivo di Sara Esposito). In molti, però, hanno finito per chiedersi se davvero Leclerc sia il futuro del Cavallino, il possibile pluri-iridato a cui dedicare piazze e vie in quel di Maranello. Sin dal Bahrain, soprattutto se la F1-75 dovesse davvero rivelarsi vincente, il numero 16 sarà chiamato a un nuovo esercizio: coniugare i formidabili giri in qualifica a gestioni perfette della corsa – il che, nel 2021, in realtà è accaduto spesso, anche se per un quarto o quinto posto -, capire quando attaccare e, soprattutto, quando e quanto trattenersi. In ottica iridata un secondo posto vale mille volte più di un ritiro. Charles dovrà abbracciare il paradosso per il quale rallentare nel momento giusto faccia accelerare in classifica, dentro una stagione che molto probabilmente vedrà numerosi ribaltamenti nei rapporti di forza tra scuderie. Alternare momenti del genere ai propri, funambolici colpi da genio del volante renderebbe Leclerc il trascinatore assoluto del Cavallino Rampante. La bolgia di Monza 2019, in tal caso, diventerebbe un pallido ricordo del tutto ridimensionato.


P.s.: durante la scrittura del pezzo la Aston Martin ha comunicato che Sebastian Vettel non parteciperà al Gran Premio del Bahrein in quanto positivo al Covid-19. Verrà sostituito da Nico Hülkenberg. SENZAF1ATO augura una pronta guarigione al campionissimo tedesco.



Fonte immagine di copertina: Ferrari / Twitter.

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