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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

Sainz, Ricciardo, la Pazienza e la Stabilità


SpazGenev / Shutterstock.com

Curioso aver scovato nei nostri archivi questa fotografia scattata a Spa nel 2019. McLaren, Renault, Ferrari; Sainz e Leclerc. Manca solo Ricciardo tra i protagonisti della girandola di mercato che, dal divorzio Vettel-Ferrari di martedì, ha portato agli annunci di oggi. L’australiano correrà a partire dal 2021 per il team di Woking, avendo firmato un contratto pluriennale (la cui effettiva durata non è stata ufficializzata), mentre Carlos Sainz Jr. affiancherà Charles Leclerc a Maranello nelle stagioni 2021 e 2022.


La vicenda di Ricciardo, se letta dalla giusta prospettiva, ha molto da insegnare tanto a Sainz quanto alla Ferrari. Tralasciando i sospetti di un ritiro Renault dal 2022 – il prossimo anno, dato l’utilizzo delle vetture attuali, dovrebbe vedere tutti i grandi costruttori ancora impegnati -, la partenza di Daniel verso la McLaren ha radici che affondano ben oltre l’ultimo campionato corso con la scuderia francese. Sicuramente avrà avuto un peso importante la presa di coscienza che il viaggio verso il podio, per le vetture giallo-nere, rimane ben lontano da una conclusione. Allo stesso tempo però abbandonare così presto un progetto del quale, fino a pochi mesi fa, si era pietra d’angolo indica una difficoltà, un’incapacità – personale o indotta dalle circostanze – ad esercitare un’arte fondamentale per avere successo in Formula 1: la pazienza. Perché, diciamoci la verità, quando nell’estate 2018 Daniel firmò per la Renault scatenando una bomba di mercato del tutto inattesa, poteva intimamente ritenerla una scelta attendista, strategica in attesa della scadenza dei contratti di Hamilton e Vettel nel 2020, eppure non poteva nutrire alcun dubbio in merito al ruolo assegnatogli. L’australiano, nei piani di Prost e Abiteboul, era il pilota sul quale scommettere per la seconda fase della rinascita del team transalpino, quella durante la quale ricominciare ad assaporare il sapore dello champagne. È possibile che Daniel sappia qualcosa a noi sconosciuto in merito al destino futuro della scuderia, non fosse così la sua scelta inevitabilmente diventerebbe sintomo di frustrazione crescente. Veloce, aggressivo, carismatico, personaggio: il pilota e l'uomo Ricciardo sono un pacchetto perfetto per una scuderia di Formula 1. Daniel lo sa, lo sanno anche Mercedes e soprattutto Ferrari, ciò nonostante i contatti tra le parti non hanno mai portato ai risultati sperati. Denaro, possibili conflittualità in squadra, semplice tempismo: le ragioni che ne hanno affondato la candidatura dipendono solo parzialmente da Ricciardo, il quale come moltissimi altri eccellenti piloti del passato sembra destinato a un crudele pellegrinaggio tra squadre difficilmente alla sua altezza. Daniel esce irrimediabilmente sconfitto e deluso dal mancato approdo in Ferrari: la McLaren, per quanto in ascesa e per quanto esaltata dalla futura partnership con Mercedes, è una soluzione di ripiego. C’è una ragione ben più profonda della forma del muso o della svasatura delle pance se la tanto vituperata SF1000, nei test di Barcellona, manteneva sulla MCL-35 un vantaggio oscillante tra il secondo e mezzo e i due secondi sul passo gara. I top-team dispongono di una comprensione incredibilmente approfondita di micro-aerodinamica e dinamica del veicolo, il che rende le loro soluzioni progettuali molto più raffinate di quanto già sembri, rendendo difficilissimo un recupero per le scuderie di centro classifica. Serviranno anni alla McLaren per agganciare il vertice, al di là del regolamento 2022 o della Power-Unit Mercedes. La mossa di Ricciardo fa malissimo alla Renault, perché le toglie stabilità, ma non è affatto detto che la mancanza di pazienza che denota aiuti l’australiano nel futuro.


E qui si arriva alla Ferrari. A Carlos Sainz, un ragazzo che, è bene ricordarlo, da gennaio muoverà i primi passi nel Mito. Il che rappresenta, per qualunque pilota ne abbia l’onore, un traguardo che cambia la carriera. Ripaga gli sforzi e, nel caso dello spagnolo, certifica una crescita ormai giunta ben oltre lo smentire varie critiche accumulate negli anni. Figlio di uno dei più famosi rallisti della storia, Carlos ha sempre faticato ad ottenere la considerazione che i risultati ottenuti in pista nelle categorie propedeutiche avrebbero suggerito, complice tra le altre cose l’appartenenza al vivaio Red Bull. Insomma, da brillante promessa a raccomandato di lusso il passo è sempre stato breve. Sainz ha saputo portare pazienza, ha mostrato coraggio quando ha lasciato la Toro Rosso – dove si era comunque difeso egregiamente nei confronti di Verstappen -, intelligenza nell’apprendere da Hülkenberg in Renault e prontezza quando è esploso sull’onda della risalita McLaren. Il sesto posto in classifica piloti nel 2019 è un risultato che descrive più di qualunque parola il livello raggiunto da Carlos. La scelta di Binotto, Camilleri ed Elkann è quindi tanto comprensibile quanto condivisibile. La competitività di Sainz non è, però, l’aspetto più importante dell’approdo a Maranello dello spagnolo.


Carlos Sainz è una delle tessere fondamentali del mosaico della Ferrari che verrà. Sarà la pista a decretare quando e se dovrà rispettare eventuali gerarchie rispetto a Leclerc. Quanto conta davvero è che aiuta a voltare pagina, a salutare – con grande malinconia – Vettel e un capitolo avaro di successi, ricco di emozioni e ormai scevro di prospettive. Tra le righe delle dichiarazioni di Binotto, tanto alla presentazione della SF1000 quanto oggi all’annuncio di Sainz, si comprende come a Maranello puntino forte sul 2022. La pandemia, che ha allungato la vita delle vetture 2020 e limitato le libertà economiche e organizzative nella progettazione della nuova generazione di monoposto, allungherà inevitabilmente i tempi della partenza di un nuovo ciclo vincente. Obbligherà a non abbandonare subito la SF1000 – scoprendone, si spera, doti positive nascoste -, ma al contempo renderà ancora più delicata la scelta di dedicarsi anticipatamente alla vettura ad effetto suolo. Potenzialmente, per assurdo, ancora più premiante.


Sainz, ed è importantissimo che Binotto riesca a farlo comprendere a Camilleri ed Elkann, aiuta la stabilità e chiama alla pazienza: serve avere fiducia in un progetto tutto da costruire. Sistemata la componente piloti – in modo più o meno soddisfacente è questione soggettiva -, se necessario è imprescindibile puntellare il reparto tecnico oggi. Per affrontare il futuro dando fiducia e proteggendo senza esitazioni una squadra che ha tutte le potenzialità per scrivere una nuova, esaltante pagina dell’epopea del Cavallino Rampante.

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