Sorrisi. Difficile parlarne in momento del genere, in particolare nel nostro Paese. Dentro a questa grande angoscia, nella quale la F1 diventa piccola piccola, ci ricordiamo di più dei sorrisi mancati. Amici che non si vedranno per un po’, famigliari dei quali non si festeggerà il compleanno se non attraverso un cellulare, lezioni al computer o telelavoro sono rinunce affrontabili, pensando a chi la malattia la sta affrontando davvero, o a chi la combatte per lavoro. Però i sorrisi latitanti sono specchio di emozioni, o anche semplici consuetudini donateci dal contatto quotidiano, delle quali per qualche tempo dovremo fare a meno.
Il Gran Premio d’Australia si avvicina senza grandi problemi, almeno al momento della scrittura di questo pezzo. Siamo sicuri le autorità australiane adotteranno tutti i criteri corretti per garantire la salute di pubblico e partecipanti all’evento: così, dall’altra parte del mondo, s’accendono i motori. Lo fanno in un clima che, morbo a parte, mai negli ultimi anni è stato tanto teso. La querelle sul motore Ferrari 2019 ha portato alla luce tensioni sotterranee probabilmente mai sopite, figlie di lotte che allo sport mischiano l’economia ed il potere. Qualcosa che è sempre esistito in F1, ma che un tempo si aveva la lungimiranza di non esporre al pubblico senza remore. Se infatti da un lato sarebbe auspicabile una comunicazione totalmente trasparente in merito a vicende del genere, dall’altro è utopistico pensare che un gioco dal costo di svariate centinaia di milioni d’euro l’anno non implichi mosse politiche spregiudicate ai massimi vertici. Mosse a vantaggio delle quali non è saggio utilizzare polemiche tecniche: l’immagine dello sport ne esce malissimo, ed in più riguardo tale tipologia di norme è molto complesso tenere unito il fronte di diverse scuderie. Calza a pennello, a tal proposito, la direttiva sulle prese d’aria dei freni posteriori Mercedes e Racing Point diramata dalla FIA (sono state dichiarate illegali dopo una richiesta di chiarimenti inoltrata da Red Bull), così come le minacce di Marko a proposito di una protesta ufficiale del team austriaco verso il DAS.
Viene perciò da chiedersi se in mezzo a serie preoccupazioni e a polemiche dall’importanza in fondo relativa, ancora ci si ricordi che le monoposto da venerdì scenderanno in pista. Forse sarà proprio un clima del genere a ricordarci cos’è la F1. A farci tornare a provare la pura emozione di ammirare finalmente una vettura girare per quel luogo così lontano, ma così magico, che è l’Albert Park. Il luogo delle levatacce per noi europei, il luogo delle false speranze o delle impensabili sorprese. La corsa di Melbourne, per quanto spesso noiosa vista la conformazione del tracciato, ha un posto riservato nei ricordi di ogni appassionato. Certo, dipende da quanto tempo si ha la fortuna di seguire le corse, ma quella pista ormai per quasi tutti è sinonimo di inizio della stagione. Di ritorno alla passione che fa tremare la gamba per i dieci minuti prima della partenza, che chiude lo stomaco all’accendersi del primo semaforo, che incanta allo scorrere del cronometro durante l’ultimo giro delle qualifiche. L’Australia è dove cominciavano le cavalcate trionfali di Schumi, l’Australia sono le foglie sollevate dalle monoposto all’approccio di curva 6, proprio dove termina il primo settore e l’inquadratura frontale mostra la vettura venire incontro alla ghiaia, lasciando una scia autunnale prima di tuffarsi nella velocissima piega. L’Australia è il pigiama e sono gli occhi pesanti, le qualifiche rimandate e le piogge improvvise, chissà perché quasi sempre al sabato.
Non è un periodo facile per amare la F1. Tanti campionati sono più equilibrati, tanti altri molto più accessibili. Proviamo tutti a scordare per un momento le polemiche, le graduatorie, le prestazioni e, per quanto possibile, le difficoltà della nostra meravigliosa Penisola. Le immagini che giungeranno dall’altra parte del mondo, ma soprattutto i suoni, ci daranno un’enorme occasione. Lo fanno tutti gli anni, magari nel 2020 un po’ di più. Il rombo delle monoposto, se lo ascolteremo con cura, con trasporto, ci può riportare in un luogo speciale. Quello dove il bimbo che sta in tutti noi è attaccato ad una rete, la faccia premuta alla trama metallica, in attesa di quella frazione di secondo durante la quale il rumore assordante intorno a lui si trasforma finalmente in immagine, imprimendo a fuoco il passaggio del proprio eroe. Colui che sfida sé stesso e gli altri in quella scintillante danza che è la guida di una F1, massima esaltazione del vizio delle corse, sorridere alla vita sfiorandone l’opposto.
Sorridiamo, allora, alla prima corsa del 2020. Buon Mondiale a tutti.
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