Pazienza. Un concetto che leghiamo, naturalmente, ad un’idea di lentezza, di calma. Nulla di più lontano rispetto a quanto verrebbe da pensare guardando per la prima volta la SF1000. La nuova Ferrari. Il sogno di Enzo che ad ogni mese di febbraio, puntuale, si rinnova: costruire la vettura di F1 più veloce al mondo. Non sono accettate deroghe alla sfida, ed in fondo non ne vengono richieste. Le donne e gli uomini che lavorano a Maranello, capaci di produrre vetture vincenti in 19 delle ultime 21 stagioni iridate, dato troppo spesso dimenticato vista la situazione di altre scuderie storiche, non hanno altre possibilità. Altri obiettivi. Lo diceva lo stesso Drake: il secondo è il primo dei perdenti.
L’impresa a cui è chiamata la SF1000 è titanica, ha i connotati del remoto, dell’irraggiungibile. L’armata Mercedes non ha avuto rivali nella passata stagione, ed è veramente complesso immaginare possa scaturire un progetto completamente sbagliato dalle menti degli ingegneri di Brackley. Eppure le aspettative sulla rossa non cambiano. Ad ogni presentazione la storia si rinnova, figlia della magia che circonda una nuova monoposto del Cavallino Rampante. Gli avversari scompaiono dalla scena, dalle parole dei commentatori e dei tifosi. I secondi di distacco subiti all’ultima gara si azzerano, cancellati dalle forme della vettura. Sia il buio di una sala o un leggero velo posto sopra la carrozzeria, quando questi cedono il passo alle luci che illuminano una nuova Ferrari, per un unico, lunghissimo attimo, ogni risultato è possibile. Cavalli e punti di carico aerodinamico salgono alle stelle.
Il progetto 671 ha effettivamente rispettato le attese. Come dichiarato più volte da parte di Binotto e Camilleri, la monoposto è una netta evoluzione della SF90. Nessuno stravolgimento, il che è oggettivamente comprensibile. Al di là delle valutazioni in merito alla distribuzione di un’ingente parte delle risorse verso la rivoluzione 2021, proporre un completo stravolgimento rispetto ai concetti della vettura 2019 avrebbe comportato molti più rischi che vantaggi. Durante la scorsa stagione, oltre all’affidabilità ed in alcuni casi alle strategie, a mancare è stato in particolare il ritmo gara, a causa di carenze aerodinamiche e meccaniche. Non sono mancati, invece, sprazzi di competitività assoluta. Le nove pole position conquistate dalla SF90 rappresentavano e rappresentano un patrimonio da non disperdere. La SF1000 ricorda quindi la propria progenitrice nelle forme, in particolare all’anteriore, anche se la versione vista in sede di presentazione, come da consuetudine, avrà ben poco di che spartire in quanto a dettagli aerodinamici con le monoposto che correranno a Melbourne. Si può notare qualche influenza Red Bull nella zona delle pance (deviatore superiore ad ala, svasatura della parte iniziale delle fiancate), anche se essendosi Newey ispirato negli anni alla SF70-H i veri concetti di base, come i coni antintrusione separati dal telaio, rimangono figli di intuizioni degli ingegneri Ferrari. Il fondo verrà ampiamente modificato così come le ali e la zona dei bargeboards, la complessa cascata di microelementi aerodinamici che governa i flussi d’aria tra ruote anteriori ed imbocco delle pance. Si può notare facilmente, invece, la continua ed incessante miniaturizzazione delle componenti interne della vettura, con la carrozzeria che assume sempre più le sembianze di un lenzuolo quanto più aderente possibile. Sarà una banalità, ma quanto davvero conterà è ciò che oggi non si è visto. Il motore, la sua potenza ed i suoi consumi; l’agilità della monoposto, il livello di carico aerodinamico prodotto dell’infinitamente complesso interagire di elementi per lo più rimasti nascosti; il rapporto tra telaio e pneumatici. Per questo, proprio per questo, alla SF1000 serve concedere pazienza.
È difficile resistere alla tentazione di analizzare nel minimo dettaglio la nuova monoposto. Sarà ancora più complesso saper interpretare correttamente i tempi dei test: un responso troppo rapido nel terzo settore di Barcellona potrebbe far gridare al tanto sospirato carico aerodinamico ritrovato; un long-run insoddisfacente, al contrario, la conferma di un’altra stagione da buttare via. Non si cada in questo errore: i test sono delle lunghissime ed ancor meno significative prove libere. Se davvero si è rimasti ammaliati dalla SF1000, dal suo rosso opaco affascinante, se in lei sono riposte le speranze per il tanto agognato titolo mondiale, le si conceda il lusso del tempo. Il lusso della pazienza, della calma. Si dia modo agli ingegneri di Maranello di correggerne eventuali difetti, così come di esaltarne i lati positivi.
Buona fortuna, Cavallino.
p.s. Per un'analisi tecnica maggiormente approfondita, vi rimandiamo a quella svolta da FUno Analisi tecnica. https://www.f1analisitecnica.com/2020/02/ferrari-sf1000-evoluzione-estrema-sf90.html
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