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Immagine del redattoreLuca Ruocco

2020, la stagione di Ricciardo


Marco Canoniero / Shutterstock.com

Il dominio Mercedes, comune a quasi tutte le stagioni dell’era ibrida, ha letteralmente sedato il campionato 2020. L’assenza di una sfida al vertice si ripercuote ben oltre la prevedibilità dei podi o lo scarso interesse per le sfide iridate. Se l’exploit di un pilota di centro gruppo, capace nella giornata perfetta di rubare qualche punto al dominatore di turno, finisce per pesare solo sulle tempistiche dell’assegnazione dei titoli, inevitabilmente l’exploit stesso perde importanza e visibilità. In un contesto del genere, scovare i protagonisti secondari del mondiale 2020 diventa più complesso.


Uno dei più importanti è Daniel Ricciardo. Fino a qualche tempo fa persistevano dubbi riguardo il reale valore dell’australiano, dai più considerato leggermente inferiore agli Hamilton, i Verstappen o i Leclerc; oggi diventa inevitabile affermare il contrario. Il 2020 ha consacrato Ricciardo, elevandolo alla stregua di colleghi a volte più, a volte molto meno blasonati, ma certamente ritenuti a lui superiori. Com’è accaduto tutto ciò?


LE ANNATE TORO ROSSO E I PRIMI DUBBI

Ricciardo esordì a Silverstone nel 2011, al volante della modesta HRT. Escludendo dalla nostra analisi la metà di stagione che seguì, durante la quale tra l’altro non sfigurò eccessivamente nel confronto con Liuzzi, si passa automaticamente a ricordare come Daniel venisse dipinto durante i due anni passati in Toro Rosso. L’australiano, infatti, veniva ritenuto dai più un pilota velocissimo in qualifica, incapace però di concretizzare un potenziale del genere in gara. Il confronto con Vergne, suo compagno in entrambe le stagioni, conferma seccamente i dubbi dell’epoca. Ricciardo dominò in qualifica, con un vantaggio medio arrivato a sfondare il tetto del secondo nel 2013, ma terminò entrambi i campionati molto vicino al francese in quanto a punti conquistati. Sicuramente i pochi punti a disposizione per una vettura di centro-fondo gruppo aiutarono a contenere le distanze, da entrambi i lati, ma in ambo i campionati fu Vergne ad ottenere il miglior piazzamento stagionale (8° nel 2012, 6° nel 2013). Quando la Red Bull annunciò che Ricciardo avrebbe sostituito Webber nel 2014, in molti si chiesero se Horner & Co non stessero puntando su uno specialista del sabato, incapace però di comprendere tanto bene le Pirelli da eccellere nel ritmo gara.


LA MONTAGNA RUSSA RED BULL

Gli anni Red Bull, indiscutibilmente, fecero entrare Ricciardo nel club dei top-driver. Il problema, se così lo si può chiamare, è che nonostante prestazioni eccellenti in pochi, dopo cinque stagioni, lo consideravano tra i migliori in circolazione. Per carità, nessuno ne sminuiva le qualità, ma il confronto con Verstappen, globalmente deficitario, finì per screditare l’immagine dell’australiano.


La stagione 2020, paradossalmente, regala una riflessione riguardo il primo anno di Ricciardo in Red Bull. Il campionato d’addio di Vettel in Ferrari, infatti, si sta rivelando disastroso, con il tedesco palesemente incapace di dimostrare le proprie, indubbie qualità. Ecco che allora il confronto tra Ricciardo e Seb nel 2014 assume un contorno spesso sospettato dagli addetti ai lavori, anche se mai confermato. Il quattro volte campione del mondo corse privo della fame, della convinzione nei propri mezzi che ne contraddistingue altrimenti le eccellenti prestazioni. Una scarsa intesa tecnica con la vettura (nel 2014 gli scarichi convenzionali e il Break-By-Wire furono i responsabili, oggi è l’instabilità del diffusore Ferrari che rende nervoso il retrotreno, ndr) diventò ostacolo insormontabile per il tedesco, che si difese bene in qualifica ma precipitò in quanto a risultati ottenuti, viste le tre vittorie di Ricciardo e il doppio dei podi per l’australiano. Daniel, infatti, si presentò decisamente migliorato in gara all’appuntamento con una grande squadra. Spietato nei sorpassi, convincente nel ritmo e perfetto nell’approfittare delle - rare - défaillances di Hamilton, Rosberg e le loro Mercedes.


La convinzione che la Red Bull avesse puntato sul cavallo giusto non diminuì nel 2015, quando Ricciardo rimase globalmente superiore al nuovo arrivato Kvyat. Il russo terminò sì davanti a Daniel in classifica iridata, ma la RB11 valeva poco più della SF1000 nel 2020 (il che diminuisce i punti a disposizione) e l’australiano pagò un prezzo decisamente più caro in quanto a magagne d’affidabilità.


Poi, purtroppo per Daniel e per fortuna per il Circus, arrivò il ciclone Verstappen. Sin dalla prima stagione di Max in Red Bull (iniziata con il magico fine settimana catalano in cui colse la vittoria all’esordio), e nonostante gli indicatori in tabella rimangano a favore di Ricciardo, si iniziò palesemente a percepire un cambio nella direzione del vento, tanto in merito alle pure prestazioni dei due quanto alle preferenze della scuderia. L’australiano se ne rese conto subito, anche se ciò non influì particolarmente sulle sue prestazioni. Anzi, Ricciardo seppe sfruttare perfettamente la maggiore esperienza in corsa, tanto che finì davanti all’olandese sia nel punteggio che nel numero di podi, ripetendo l'impresa nel 2017. Le vittorie in Messico e Malesia di Verstappen nel finale di quella stagione, però, misero in chiara mostra l’ineluttabile: da quell’autunno, le magie Red Bull si coloravano d’arancione. Il tempo dell’australiano era terminato.


Il 2018 confermò senza appelli le sensazioni della stagione precedente. A parte i colpi di testa di Verstappen durante le prime gare, che consegnarono la vittoria di Monaco a Ricciardo, e il complesso pole-position che contraddistinse l’olandese, Daniel perse il confronto. Non è un caso che gli indicatori delle nostra tabella virino decisamente verso il rosso. L’australiano fu anche sfortunato in quanto ad affidabilità e l’annuncio del passaggio in Renault non aiutò di certo nei rapporti con la squadra; nulla, però, che potesse smentire l’amara verità dei numeri.


LA CONSACRAZIONE RENAULT

Ricciardo non ebbe grandi difficoltà a convincersi del progetto Renault. La convivenza con Verstappen, ormai reuccio Red Bull, non poteva in alcun modo continuare; il contratto faraonico ingolosiva e, soprattutto, l’australiano tornava perno di un progetto. La rinascita Renault poggiava sulla pietra d’angolo rappresentata da Daniel. Un 2019 di difficoltà tecniche e il terremoto di mercato dovuto alla separazione tra Vettel e la Ferrari hanno bruscamente interrotto il matrimonio. Ricciardo nel 2021 migrerà in McLaren, commettendo quello che ad oggi, dopo aver ammirato la crescita della RS20, sembra un errore. Evidentemente, a maggio Ricciardo era fermamente convinto che le monoposto di Woking, dotate della Power Unit Mercedes dal 2021, assicurassero maggiori opportunità di cogliere vittorie in futuro. L’australiano sentiva – e probabilmente ancora sente – lo scorrere del tempo, il costante diminuire delle stagioni rimanenti per puntare a rimpinguare la propria stanza dei trofei, coltivando il sogno di un titolo mondiale.


Ricciardo, insomma, cercava e cerca una monoposto che premi il suo valore. Un valore incredibilmente importante, dimenticato dai più dopo la stagione 2019 passata a centro gruppo al volante di una Renault impossibile da sviluppare, lenta e con la quale l’australiano faticò a conquistare fiducia in frenata. I risultati, seppur relativi, arrivarono dopo pochi mesi, tanto che Daniel finì per sovrastare Hülkenberg.


Il 2020, al contrario, ha mostrato qualcosa di ancora nascosto nell’australiano. Qualcosa percepito dalla dirigenza Renault, furibonda alla notizia del passaggio in McLaren: la capacità di far crescere una scuderia. Una dote comune a pochi campionissimi nella storia del Mondiale. Ricciardo ha ispirato i giusti cambiamenti tecnici, ha spronato gli ingegneri a concepire una monoposto che potesse esaltarne le caratteristiche. La conseguenza? Due podi nelle ultime tre gare, figli di corse stoiche, precise e veloci; il momentaneo terzo posto in classifica costruttori e, infine, Ocon chiamato ad un miglioramento enorme per stare al suo passo, il che gioverà al francese in futuro.


La Renault oggi azzarda strategie al limite del possibile. È confidente nei propri mezzi. Mostra finalmente progressi seri, tangibili; raggiunge traguardi sognati da tempo. In Red Bull Daniel, per quanto incantasse a tratti, non dovette mai affrontare un percorso del genere.


Alla Régie, invece, il percorso lo ha attaccato, affrontato, concluso e superato. Eccellendo, tra l’altro, nell’impresa. Ora sì che Ricciardo è tra i grandissimi.

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