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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

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Un podio del tutto inaspettato. Un dodicesimo posto trasformatosi in decimo, con annesso misero punticino, principalmente grazie a disgrazie altrui, dopo il peggiore fine settimana degli ultimi tre anni. Qual è la vera Ferrari? È quella stoica e brillante di Charles Leclerc (e degli ingegneri a Maranello) o quella opaca, sfortunata e frustrante di Sebastian Vettel? La corsa a Silverstone ha certificato un tangibile progresso, soprattutto dal punto di vista gestionale, o ha nuovamente castrato ogni sogno di futuri miglioramenti?


La verità sta, come spesso accade, nel mezzo. Pendendo però verso una stella che brilla di luce propria tanto da accecare chiunque tenti di scoprire – trovando risposte demoralizzanti – qualcosa in più riguardo la competitività della SF1000. La stella di Charles Leclerc.


Il Gran Premio di Gran Bretagna 2020 ha rappresentato, per il monegasco, l’accesso al livello successivo. Quello degli Schumacher in Ungheria nel 1998, dei Verstappen nell’ultimo anno e mezzo o dei Senna a Adelaide nel 1993. Paragoni pesanti, pesantissimi, ma quanto mai calzanti, dato che parliamo di piloti chiamati ad imprese al di fuori del concepibile, impossibili – nelle contingenze, o forse sempre – per i compagni di squadra.


Dire che la Ferrari si è presentata a Silverstone con le cinture allacciate significa sottostimare, e non di poco, le aspettative degli uomini in Rosso in vista della pista inglese. In attesa della versione profondamente rivista della SF1000 – mercoledì durante il Filming Day potrebbero debuttare le prime componenti aggiornate - si era pronti ad un fine settimana difficilissimo. In fondo parliamo di una monoposto dimostratasi lenta (soprattutto sul dritto) e difficilissima da mettere a punto correttamente, a causa di una sensibilità estrema ai cambiamenti di temperatura dell’asfalto. Durante il processo di simulazione volto alla ricerca del miglior assetto, gli ingegneri Ferrari a Maranello hanno compreso – con un vero e proprio colpo di genio viste le circostanze – di aver una sola, complicatissima chance di ben figurare tra i rettifili ed i curvoni della pista inglese: scaricare completamente la vettura. Il che non implica una semplice regolazione dell’ala, bensì la produzione di ali stile Spa (mai accaduto a Silverstone) e la revisione totale delle regolazioni a livello meccanico.


Una vettura di Formula 1, però, non viene guidata da un robot, ed è proprio questo il punto critico della strategia Ferrari. Scaricare al limite del possibile la SF1000, rendendola ancora più complessa e soprattutto nervosa da pilotare, presuppone una fiducia cieca nei due ragazzi che dovranno poi letteralmente domare il volante. Significa richiedere un giro perfetto in qualifica e una gestione degli pneumatici esemplare. Charles Leclerc ha risposto presente. Si è caricato nuovamente sulle spalle la Scuderia, interpretando al meglio una monoposto sfruttabile al meglio solo mediante uno stile di guida vicino al suo (infatti Vettel, sfortuna del venerdì a parte, non è riuscito a cavare un ragno dal buco), pennellando un giro perfetto in qualifica e completando una corsa al limite della perfezione.


Sono proprio i cinquantadue giri di oggi ad aver mostrato lo scatto di prestazioni – significativo – di Leclerc. Dopo l’errore imperdonabile di Spielberg, Charles ha nuovamente approcciato la prima curva, come accaduto a Budapest, con estrema attenzione. Senza desistere troppo presto, ma con la freddezza necessaria a comprendere che Verstappen, ad oggi, non è un avversario della Rossa. Sin da ieri si era compreso come la missione fosse una sola– come poi effettivamente accaduto: coccolare le coperture fino all’ultimo metro. Prima le Medium, tentando di creare al contempo un cuscinetto sulle McLaren penalizzate dalle Soft, poi le Hard. La Safety Car ha reso ancora più complessa la sfida, soprattutto riguardo le mescole a banda bianca, ma il monegasco non ha fatto una piega, anche quando sporadiche sbavature hanno determinato lo spreco di qualche decimo di vantaggio. Al successivo primo settore, il punto forte Ferrari, il distacco veniva ristabilito senza grossi problemi, data la possibilità di sfruttare pneumatici ancora freschi.


Sarebbe fuorviante pensare che i problemi della SF1000 siano scomparsi. Lo dimostra (anche se il tedesco ha esagerato le criticità) la corsa di Vettel. Serve un cambio di passo importantissimo, sia guardando alle prestazioni dei primi, sia alle minacce Renault, Racing Point e McLaren. Ancora tutte troppo vicine nel passo, se non superiori. Inoltre non si potranno adottare assetti folli per sempre, Leclerc non può compiere miracoli ogni domenica e sono pochissime le piste che permettono, come Silverstone, grandi varietà nelle regolazioni.


La più grande criticità del 2019 di Leclerc fu il passo gara: il lavoro invernale sembra averla risolta. Non è però questo il livello successivo, nell’ascesa all’olimpo dei campionissimi, raggiunto oggi da Charles. È invece l’aver guidato costantemente nell’unico spiraglio prestazionale capace di esaltare, a Silverstone, la SF1000.


Siano sette, otto o nove, sono questi i decimi che raccontano di un pilota capace di andare oltre la propria vettura, portandola a risultati che non le appartengono minimamente. Senza essere per forza spettacolari, senza sorpassi geniali o sbandate controllate.


Red Bull e Mercedes hanno Verstappen e Hamilton. La Ferrari, senza più il Vettel dei tempi migliori, ne era priva. Da oggi non più.

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