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Immagine del redattoreLuca Ruocco

Che Fine Hai Fatto, Dani Ric?


27 ottobre 2018, Città del Messico. Un ragazzo australiano di ventinove anni urla alla radio. E poi ride, ride di gusto, come se avesse appena portato a termine il più divertente degli scherzi.


Il ragazzo in questione si chiama Daniel Ricciardo e, al volante della Red Bull RB14, ha colto da pochi istanti la più sensazionale delle Pole Position, precedendo di soli 0’’026 il suo compagno di squadra, Max Verstappen.


Esatto, quel Verstappen lì. Il bambino prodigio, il pilota rivelazione di un decennio intero, l’olandese ben più che volante destinato a riscrivere gli albi d’oro per sempre. In quell’afoso pomeriggio messicano, Max è già-destinato ad aggiornare la statistica del più giovane partente al palo della Storia. È l’ultimo fine settimana in cui l’impresa può riuscirgli, dato che dalla corsa successiva Sebastian Vettel tornerà imbattibile e lui, Super-Max, per sempre ‘troppo’ vecchio. La RB14 si adatta come un guanto di velluto alle sfide tecniche dettate dall’altitudine di Città del Messico. Max vola per tutto il fine settimana. Non commette il minimo errore.


Eppure, all’ultimo tentativo dell’ultimo segmento di qualifica, Dani Ric piazza il colpaccio, lasciando di sasso il Dottor Marko, il quale apparirà costernato fino al podio della domenica.


Ecco, Daniel Ricciardo era questo pilota qui. Veloce, spietato, ribelle. Il migliore dell’intera compagnia nel 2016, anche se lo strapotere Mercedes lo privò di qualsivoglia sogno iridato, e una delle stelle primaverili del 2018, grazie a due vittorie sublimi come Shangai e Monaco. L’esplosione di Max, avvenuta da Montreal in poi, lo aveva convinto a cercare una nuova avventura in Renault, un ambiente da plasmare a sua immagine e somiglianza.


Nulla poteva lasciare presagire che quella risata, dal 27 ottobre 2018 in poi, sarebbe ricomparsa solo altre due volte. Perché quel Daniel, in realtà, è tornato solamente a Monza 2021, in occasione della sorprendente vittoria al volante della McLaren e, forse, al Nürburgring nel 2020, quando ottenne il primo podio in Renault.


Per il resto, il proverbiale sorriso di Dani Ric si è trasformato in un ghigno di circostanza, un velo troppo leggero, del tutto inadatto a nascondere il disagio di fronte a prestazioni spesso inspiegabili, di certo inattese.


L’EPOPEA RENAULT

In realtà, l’avventura di Ricciardo in Renault andò come previsto. L’australiano, stra-pagato e immediatamente adorato dalla squadra, si adattò in poche gare alle richieste della RS19, e sin dal Gran Premio del Canada iniziò a battere con regolarità Nico Hülkenberg. Certo, la vettura giallo-nera era molto carente nelle curve medio-veloci, e brillava davvero solo nei circuiti rapidi e ricchi di svolte a corto raggio, proprio come Montreal o Monza.


Ciò nonostante, Daniel assunse i galloni di capo-squadra anche in pista, giustificando le scelte economiche del management transalpino.


I test pre-stagionali di Barcellona 2020 certificarono una sostanziale stasi nella competitività della RS20, con la neonata Renault destinata all’ennesima stagione in lotta a metà gruppo.


Proprio in quel momento arrivò il Covid, la lunga pausa forzata e l’imprevedibile rivoluzione di mercato che ne scaturì, innescata dal divorzio Vettel-Ferrari. Sainz fu preferito a Daniel per il sedile di Maranello e l’australiano, ormai disilluso rispetto alle potenzialità del progetto Renault, accettò l’offerta di un contratto pluriennale in McLaren, a partire dal 2021.


Con il senno di poi, fu un errore. Qualche avvisaglia la si ebbe sul finire della stagione, quando Daniel raggiunse il picco di competitività al volante delle monoposto francesi, cogliendo due podi meritatissimi al Nürburgring e ad Imola e ottenendo la palma di migliore degli ‘altri’, certificata da uno stupendo 5° posto in classifica piloti.


Woking, però, attendeva a braccia aperte un pilota convinto di aver finalmente indovinato La Mossa di un’intera carriera.


IL DISASTRO MCLAREN

Non fu e, ancora oggi, non è così. La MCL35M del 2021, dotata del motore Mercedes, si dimostrò una vettura completa ed alquanto competitiva, almeno rispetto al famigerato ‘centro-gruppo’. Bilanciata quanto basta nel lento, la monoposto eccelleva nel veloce e, se guidata con uno stile peculiare, anche in frenata.


Ormai non è più un segreto, dato che i vari Andreas Seidl (Team Principal), Andrea Stella (Direttore Sportivo) e lo stesso Ricciardo hanno candidamente ammesso le problematiche alla stampa d’oltremanica: il cruccio di Dani Ric si nascondeva proprio lì, in quello stile di frenata peculiare, mai del tutto digerito.


La precedente generazione di monoposto targate McLaren soffriva di un’endemica carenza di carico aerodinamico all’anteriore, il che rendeva più complesse le fasi di frenata e inserimento in curva. Volendo essere più precisi, appena il pilota iniziava a rilasciare il pedale del freno dopo il primo ‘pestone’, il trasferimento di carico al posteriore faceva alzare l’alettone anteriore quel tanto che bastava a ridurne drammaticamente l’efficienza, determinando una netta perdita di direzionalità.


Per ovviare al problema, serviva adottare uno stile di guida assimilato perfettamente da Lando Norris, ossia frenare fin dentro la curva, ruotare in un lampo la monoposto e tornare immediatamente sul gas, a costo di dover gestire un posteriore instabile tanto in frenata quanto nella prima fase dell’accelerazione.


Nonostante sembri relativamente facile, l’impiego di una tecnica del genere - comune, ad esempio, a piloti come Leclerc o Verstappen – tende a rivelarsi alquanto complesso. Il pilota si ritrova infatti in bilico tra il bloccare la ruota interna in frenata, il rallentare troppo a centro curva e lo scodare in uscita. La sensibilità richiesta nella coordinazione dei movimenti è tanto assoluta quanto istintiva.


Proprio per questo, piloti come Ricciardo, cresciuti al volante di vetture dall’assetto ad alto rake, possono ritrovarsi in difficoltà quando chiamati ad adattarsi a richieste del genere. Le Red Bull di Newey (o le Renault che guidò Daniel) godevano infatti di un anteriore sempre picchiato, per cui preciso e immediato nelle risposte; conseguentemente, l’australiano tendeva a frenare fortissimo a ruote dritte per relativamente poco tempo, per poi ‘buttare’ la vettura in curva ad alte velocità, affidando alla bontà del telaio il compito di ‘chiudere’ la rotazione.


L’operazione risultò impossibile sin da subito in McLaren e non è un caso che Ricciardo, nel 2021, convinse davvero solo a Monza. La pista brianzola, al di là delle minime richieste di carico aerodinamico, presenta una serie di curve nelle quali non è quasi mai necessario ruotare di 180° la monoposto; le limitazioni della guida di Daniel, perciò, vennero mascherate e il suo enorme talento, unito ad una tenuta mentale da vero campione, completarono l’opera portandolo al trionfo.


Nel 2022 l’anteriore ‘debole’ è diventato una caratteristica di quasi tutte le monoposto, tanto a causa del concetto aerodinamico adottato (i canali Venturi) quanto per via delle coperture Pirelli, inclini al sottosterzo se chiamate a rotazioni troppo veloci.


Daniel, rallentato nella preparazione anche dal Covid che lo ha colpito proprio a ridosso dei test in Bahrain, ha perciò continuato a faticare nell'adattarsi alla monoposto color papaya, anche se nelle interviste ha spiegato come le criticità in frenata siano notevolmente diminuite; a metterlo in difficoltà, in questa stagione, sarebbe l’imprevedibilità della vettura, che gli rende impossibile anticiparne le reazioni.


Il parziale di 76 punti a 19, ovviamente a favore di Norris, rende però innegabile il totale fallimento dell’avventura in McLaren, tanto che i pochi momenti di gioia del 2021 sono del tutto spariti in questa stagione, lasciando spazio ad un 6° posto in Australia come miglior risultato.


E ORA?

Questa è la domanda che tutti si pongono. L’affaire Piastri dovrebbe concludersi, tribunali permettendo, con lo sbarco del giovane australiano proprio in McLaren, al posto di un Ricciardo presumibilmente dotato di sostanziosa buonuscita.


Daniel, però, rimane un patrimonio da non sprecare per questa F1. Non tanto per il sorriso o i modi scherzosi, che comunque aiutano, quanto per le capacità di un pilota eccezionale, quando messo nelle giuste condizioni.


Queste condizioni non si sono ricreate in McLaren e, in fondo, non c’è nulla di male. Non tutti sono campionissimi capaci di adattarsi sufficientemente bene a qualunque vettura, anche la più ostica per il loro stile di guida (vedi Verstappen ad inizio stagione). Non tutte le squadre, allo stesso tempo, si rivelano insoddisfatte dopo pochi mesi e insofferenti a delle condizioni economiche comprensibilmente ingiustificate.


Cercare una nuova avventura, insomma, sia essa un ritorno con il capo cosparso di cenere in Alpine o un clamoroso approdo in Haas, darebbe un'ulteriore chance non solo a Ricciardo, ma anche a noi appassionati


Perché il 2023, finalmente, sia del tutto privo di momenti passati a chiedersi: che fine hai fatto, Dani Ric?

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