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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

Ferrari SF21 - Chiarire Equivoci


No, non si tratta di chiarire l’equivoco del simbolo Mission Winnow verde speranza. Un po’ perché insomma, colorare così una vettura destinata a cancellare la pessima stagione 2020 è un misto di ironia e sadismo alquanto curioso. Un po’ per non cadere nella trappola dei pubblicitari stessi, abilissimi a rendere argomento principale della conversazione un adesivo che, con tutta probabilità, non vedrà la pista in gran parte delle corse.


L’equivoco che dovrà chiarire la SF21, piuttosto, è il seguente: com’è possibile che un reparto tecnico capace di concepire, tre stagioni fa, la vettura più veloce del lotto, almeno per buona parte del campionato, venga ora considerato quasi o del tutto inadeguato?


Per chi fosse interessato ad un’analisi storico/tecnica iper-approfondita, suggeriamo il pezzo ‘Why Ferrari is playing catch-up with its once-leading F1 chassis’ (perché la Ferrari è costretta a rincorrere riguardo il suo telaio un tempo dominante) del decano Mark Hughes su The Race. In sostanza, però, alcune conclusioni lì riportate possono risultare utili a comprendere il contesto nel quale nasce la SF21.


Il telaio Ferrari 2017, denominato SF70-H, fu giudicato all’unanimità come il migliore del campionato. Da un punto di vista tecnico, alla prima Rossa davvero vincente dell’era Vettel mancò principalmente potenza e affidabilità. La monoposto godeva di una geniale intuizione attribuita a David Sanchez, ancora oggi responsabile del reparto aerodinamico di Maranello. La separazione del cono antintrusione laterale dall’imbocco delle pance permise di ottenere molteplici vantaggi nella gestione dei flussi d’aria provenienti dall’anteriore della vettura, il che ebbe un ruolo fondamentale non solo nella generazione di carico aerodinamico, ma soprattutto nel contenimento del passo e dei pesi. Non a caso il Cavallino dominò a Monaco, Budapest e Singapore (in qualifica).


Il progetto della SF71-H per il 2018 corresse i maggiori difetti dell’antenata: un passo allungato donò velocità nei curvoni e un motore più potente competitività in qualifica. Senza entrare nelle molteplici cause della sconfitta iridata, in quella stagione le vetture di Maranello si rivelarono alquanto competitive.


Gli eventi presero una brutta piega dal 2019. Gli interventi aerodinamici all’ala anteriore (scomparsa di tutte le bandelle) e la limitazione dell’altezza dei bardgeboards colpì enormemente chi, come Red Bull e Ferrari, puntava tutto su un angolo di rake importante e un muso largo. Pochi lo ricordano, ma fino all’autunno anche le vetture austriache soffrirono enormemente in termini prestazionali. Il concetto Mercedes, opposto all’intera concorrenza (è doveroso un plauso per la fiducia nei propri mezzi), fu lusingato tanto dalle nuove regole quanto dalla crescita del reparto tecnico di Brackley; allo stesso tempo, non si può non immaginare come sarebbero andate le cose se le norme fossero rimaste più aderenti alla filosofia opposta.


Nessuna scusante: la Ferrari sbagliò a puntare tutto su un motore estremo e su una monoposto che, complici scelte eccessivamente conservative a livello sospensivo, non riuscì a far lavorare correttamente le gomme. Qualcosa di buono, però, rimase; lo dimostrarono nove pole position, tre vittorie e altrettanti trionfi mancati per poco.


Il 2020, con le sue enormi difficoltà, è storia recente. Eppure, non sono passati secoli. Idee e persone non si dissolvono nella nebbia, e nonostante qualche fuoriuscito di troppo, diverse figure sono rimaste al loro posto. Potranno dimostrare il loro valore?


LA MONOPOSTO


Solitamente, quando è possibile scovare diverse novità tecniche ammirando una monoposto in versione lancio, significa che i cambiamenti sono stati rilevanti. Questo è il caso per la SF21, nonostante i numerosi vincoli dettati dalle norme che obbligano il mantenimento di gran parte delle componenti meccaniche 2020.


Il muso è un’evoluzione estrema della filosofia ‘larga’ mai abbandonata dalla Rossa, e la comparsa di un vero e proprio mantello nella zona sottostante rappresenta una novità del tutto inaspettata, dato che il componente sembrava prerogativa delle monoposto a muso stretto. I vari orpelli aerodinamici prima delle fiancate risultano evoluti – come in tutte le monoposto -, in parte per trovare punti di carico, in parte per indirizzare diversamente i flussi viste le modifiche regolamentari al fondo. Cambiano le prese dei freni anteriori e compaiono riccioli nella sezione d’incontro tra muso e telaio, dove affiora il condotto ‘s-duct’ alimentato da aperture ai lati del muso.


Le sospensioni anteriori sono state riviste sono nelle porzioni esterne – come stabilito dal regolamento a meno di spendervi i gettoni – mentre quelle posteriori, i cui dettagli sono nascosti dall’angolazione delle foto, godono di una riconfigurazione conseguente alla spesa dei token al retrotreno. I punti d’attacco trovano infatti spazio nel nuovo gruppo trasmissione (cambio e differenziale), progettato per liberare ancora più spazio al passaggio dei flussi limitando quanto più possibile gli ingombri. I flussi stessi sono profondamente influenzati dal nuovo disegno di cofano e pance, reso possibile da una diversa disposizione degli organi interni e da una rinnovata configurazione delle varie prese d’aria.


Le componenti più importanti come fondo e diffusore sono ovviamente rimaste segrete, in attesa delle prime versioni che verranno svelate – tentando comunque di nasconderle – ai test in Bahrain.


La configurazione aerodinamica dovrà garantire meno resistenza all’avanzamento, lavorando di concerto al nuovo motore per colmare le gravi lacune della SF1000 in rettifilo. Enrico Gualtieri, nell’intervista concessa durante il lancio, ha parlato di tutto e di niente (turbocompressore, efficienza della combustione, aspirazione), esattamente come accaduto con gli omologhi Mercedes, Honda e Renault. L’auspicio è che gli interventi correttivi sull’unità 065 permettano alla Power Unit modenese di rivaleggiare nuovamente, in quanto a cavalli e consumi, almeno con il propulsore nipponico e quello francese, contenendo così il distacco rispetto all’unità AMG.


IL CLIMA IN SQUADRA

A volte una foto o un video possono dire tanto. Nel 2020 Sebastian Vettel fu palesemente a disagio sul palco di Reggio Emilia, e nelle interviste di rito fu bombardato di domande riguardo il proprio futuro.


La separazione anticipata tra il tedesco e la Ferrari esasperò senza ombra di dubbio il clima già complesso della scorsa stagione, inasprendo tensioni inevitabili vista la pochezza della monoposto. Giusto per ricordare, il sabato ad Abu Dhabi Vettel lasciò trasparire dubbi riguardo un trattamento eguale al compagno di squadra (!) dopo una qualifica disastrosa.


Superato l’idillio iniziale, Sainz e Leclerc non rimarranno di certo amici. Una sana collaborazione, però, simile a quella presente tra Alesi e Berger a inizio anni novanta, potrebbe finalmente donare all’ambiente rosso un po' di calma e armonia. Sensazioni amplificate dalla preventivata mancanza di aspirazioni iridate. Non mancheranno confronti – soprattutto esterni – e possibili controversie in pista, in particolare nel caso Sainz si rivelasse veloce e abilissimo nello sviluppo come raccontato da diversi tecnici McLaren. Una Ferrari col sorriso, però, ha molte possibilità in più di crescere rispetto ad un box dilaniato da sottese accuse reciproche.


In fondo, però, toccherà principalmente alla SF21 chiarire molti equivoci nati dopo una delle peggiori stagioni della storia del Cavallino Rampante.

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