Non che la ‘Qualifica Sprint’, di per sé, attirasse più di tanto.
In fondo, chi spende ore ed ore dei propri fine settimana seguendo lo spettacolo sportivo più complicato del pianeta – comprendere alcune regole richiede tanta applicazione quanta pazienza – non è un fesso, intuisce subito l’insopportabile aurea di compromesso che circonda l’esperimento del prossimo sabato. Quella che, nei piani originali, doveva essere una vera e propria rivoluzione nella concezione di un GP, grazie all’adozione delle griglie invertite, si è trasformata in un surrogato di novità senza alcun sapore.
Speriamo vivamente di essere smentiti senza pietà dalla corsa breve di Silverstone, ma risulta complesso immaginare che il sostanziale allungamento di 100 km della corsa della domenica possa realmente cambiare le carte in tavola, regalando emozioni del tutto nuove. La decina abbondante di giri che i piloti percorreranno a Silverstone potrebbe essere – come tutte le tornate iniziali di un GP – divertente o noiosa, soporifera o scoppiettante; il tutto, però, dipenderà dalle medesime variabili di ogni altro appuntamento, con la sola, importante differenza del raddoppio delle possibilità di incidenti, toccate e sorpassi multipli in partenza.
Non basteranno sfumature regolamentari differenti come l’allocazione delle gomme o la momentanea rimozione dell’obbligo di montare gli pneumatici utilizzati in qualifica a scardinare il dominio Red Bull – Mercedes, o a convincere i piloti a prendersi più rischi del dovuto. Nessuno si giocherà la corsa della domenica per brillare al sabato, esattamente come scattare con gomme hard non risolverà i problemi di competitività della Ferrari SF21. Solamente il ridottissimo tempo a disposizione prima del parco chiuso (60 minuti) potrebbe scompaginare le carte, penalizzando chi scenderà in pista con un assetto totalmente errato.
Nonostante un imponente tentativo mediatico di sensibilizzazione portato avanti nell’ultima settimana dalla Formula Uno stessa, accompagnata dalle grandi testate impegnate in spiegazioni dettagliatissime del formato, il livello d’interesse che circonda il Circus non sembra minimamente essersi alzato.
Si è così costretti a scandagliare il fondo del barile, perché diciamoci la verità, complici gli stupendi europei appena terminati, di corse non parla nessuno. Tacendo della monotonia degli appuntamenti tra le colline della Stiria e dell’assuefazione da triplice GP, abitudine che toglie interesse piuttosto che aumentarlo.
Nessun annuncio, nessuna intervista clamorosa, nessun duello a colpi di sorpassi tra i pretendenti al titolo da vivere e rivivere; come salvarsi?
Ovvio, con le bombe di mercato provenienti da Maranello. Nella fattispecie, la chicca di luglio 2021 è il mal di pancia di Charles Leclerc.
Tutto è iniziato con una fantasiosissima associazione d’idee secondo la quale il rinnovo di Sergio Perez tardi ad arrivare a causa di un interessamento della Red Bull proprio nei confronti del numero 16.
Ora, tralasciando l’ovvia stima che qualunque scuderia nutre nei confronti di uno dei tre piloti più forti del paddock, secondo quale logica una squadra sulla cresta dell’onda rovinerebbe l’armonia interna, armonia che giova al pilota più forte in circolazione, non alla casalinga di Voghera, ingaggiando LO storico rivale dello stesso? Giungeremmo ai medesimi istinti masochistici follemente auspicati quando si chiedeva alla Mercedes di ingaggiare Verstappen e farlo guidare a fianco ad Hamilton, eventualità ovviamente mai accaduta.
Allo stesso tempo, non sarebbe esattamente brillante da parte di Leclerc e soprattutto del proprio, potentissimo management inseguire una chimera ben lontana dall’assicurare i risultati sperati; non è infatti minimamente detto che la Red Bull sia da mondiale nel 2022 – come non lo si può dire per nessuno, dato che ci avviamo alla più grande rivoluzione tecnica della storia –, proprio come non vi è certezza che Charles sarebbe al livello di Verstappen. Anzi, gli indizi – per ora e considerando la differente esperienza dei due - sembrano guidarci verso una situazione opposta.
Che senso avrebbe, ora, lasciare il Cavallino – dove per altro si è Re indiscusso – senza verificare la bontà di un progetto abbracciato da un anno e mezzo, sul quale la Ferrari punta tanto da sacrificare più di una stagione, convincendo addirittura una squadra cliente - la Haas - a fare lo stesso se non peggio per sfruttare ogni singola sinergia?
Solo uno stolto immaginerebbe Leclerc soddisfatto dalla Ferrari 2021. Se è per questo, neanche Sainz lo sarà. I piloti non si divertono ad arrivare, se va bene, sesti. In particolare quando guidano una monoposto Rossa.
Purtroppo, però, costruire scenari più pessimisti del dovuto – magari appellandosi al famigerato ritardo del nuovo simulatore, scordando i passi in avanti compiuti con il vecchio che giustificano una calibrazione più attenta e approfondita, magari mentre si ha il dente avvelenato verso chi ci ha allontanato da Maranello – rischia solo di dimostrare una morbosa necessità d’attenzione. Verso di sé, però, verso i propri fantasmagorici strumenti di captazione dei sussurri emiliani, piuttosto che la realtà Ferrari.
Dove, com’è ovvio, tutto si sistemerà nel caso la monoposto sia vincente, o viceversa. Intanto, tra un pensiero e l’altro riguardo chi abbia interesse a screditare il clima e il lavoro di Maranello imbeccando le persone giuste, sarebbe utile concentrarsi su altro.
Chissà, magari proprio la gara sprint, che tanto ha bisogno di un aiuto.
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