È la storia dell’inverno. Hamilton rinnova? Hamilton abbandona? La Mercedes non è disposta ad accettare pretese economiche estranee al complicato tempo che l’intera economia vive, o l’inglese forse vuole altro, una visione sul futuro al di là delle corse?
La situazione è quantomeno atipica. Quante volte, nella storia della massima serie, il campione del mondo in carica – a meno che non volesse ritirarsi – si è ritrovato a strappare l’ultima pagina del calendario senza un contratto in tasca? Un tempo i primi giorni di gennaio riservavano un susseguirsi ininterrotto di presentazioni e prime prove in pista; oggigiorno, nella Formula Uno dell’avvilente silenzio mediatico invernale – rotto solo dalle scuderie italiane -, si può anche comprendere la logica di un annuncio ritardato, di qualche giornata in più concessa agli avvocati per raffinare, concordare e blindare quello che, nel caso di un sette volte iridato, più che un contratto deve assomigliare ad un trattato.
Arrivare però al secondo mese dell’anno senza un annuncio suona decisamente strano. Magari, come sottolineato da Giorgio Terruzzi e Pino Allievi nel Flobert su Autosprint (n.4 2021), si tratta solamente di un puro giochetto mediatico, di una boutade comunicativa volta a mantenere alta l’attenzione sull’iridato inglese, e le firme sono già apposte da tempo.
Eppure, volendosi fidare per un momento (ma solo uno!) di Toto Wolff, qualche dettaglio da sistemare esiste davvero. In un’intervista concessa in settimana a RTL, il manager austriaco ha riassunto così la situazione: ‘Abbiamo una relazione [Lewis e Toto, ndr] che definirei, più che professionale, di vera e propria amicizia. Lewis ha un’importanza che per Mercedes va oltre la F1, ma l’orizzonte nella massima serie sta cambiando. Quest’anno ci colpirà il cost cap, il prossimo una rivoluzione tecnica. Sono tutti fattori che, assieme al futuro a lungo termine, stanno influenzando la discussione. Esistono poi i piccoli dettagli, e non vogliamo essere messi sotto pressione. Dovremmo raggiungere un accordo ragionevole in non molto tempo’.
Le parole di Wolff, mirabile esercizio di politichese applicato al mondo delle corse, lasciano trasparire il vero fulcro della questione, sempre ammettendo questa esista davvero.
Ovviamente il Team Principal di un vero e proprio impero delle corse non parlerebbe mai di eventuali dispute economiche. Sarebbe poco elegante e soprattutto controproducente. Inoltre, almeno secondo quanto riportano le testate specializzate inglesi, i soldi non dovrebbero davvero rappresentare un problema a questo punto della trattativa. Lewis avrebbe accettato una riduzione dello stipendio base a fronte di una diversa – e più lauta – remunerazione legata al raggiungimento di determinati obbiettivi; chi indica nel denaro l’oggetto del contendere, si concentra proprio su questi bonus.
Fermandosi a riflettere per qualche secondo, però, sorge un dubbio tanto immediato quanto spontaneo: se davvero fosse il compenso a muovere Lewis Hamilton, perché a inizio 2019 l’inglese declinò gentilmente le avance di Elkann che sognava un suo sbarco in Ferrari? In fondo la Rossa aveva – ai tempi, figurarsi oggi – qualche oggettiva difficoltà nell’intrigare un pilota dal punto di vista tecnico, e senza la monoposto migliore non esistono molte altre tecniche di convincimento in Formula Uno.
Il numero 44 volle convintamente rimanere a Brackley, così come lo vuole tuttora. Lo ha ammesso più volte nei mesi finali dello scorso campionato: la sua ambizione è quella di continuare a correre. Perché allora tutte queste difficoltà nel trovare un accordo? Qual è la ragione delle parole di Wolff, cosa intendeva il manager austriaco rispondendo a chi gli chiedeva se il contratto dell'inglese sarebbe stato triennale?
La chiave di volta del problema, il fulcro della questione di cui sopra, risiede proprio nella durata del contratto e si lega ad un inevitabile fenomeno delle grandi leggende sportive: il logorio dei vincenti.
Ogni ciclo finisce, è un dato di fatto che sconfina ben oltre le competizioni, abbracciando ogni sfaccettatura della nostra esistenza. Rimanendo però ancorati saldamente alla Formula Uno, e ad una storia incredibilmente cara agli appassionati italiani, questo ineluttabile susseguirsi di eventi colpì pienamente il ciclo Schumacher-Ferrari. Ancora oggi, nonostante le recenti smentite di Montezemolo e Badoer, praticamente l’intero panorama giornalistico straniero – e buona parte di quello italiano – è convinto che Michael fu accompagnato al ritiro dalla Ferrari. Raikkonen era sotto contratto dal 2005, Massa prometteva bene e insomma, uno dei più forti piloti di tutti i tempi fu docilmente accompagnato alla porta, negandogli l’opportunità di partecipare al campionato 2007 dopo aver perso il precedente per un maledetto motore. La versione ufficiale (e permettete, ben più credibile: la Rossa avrebbe stravinto i campionati 2007 e 2008 con il tedesco) racconta di uno Schumi stanco, logoro appunto, già nel 2005. Il ritiro e Monza 2006 rappresentarono solo il naturale susseguirsi degli eventi.
Oggi la situazione è opposta ma per molti versi speculare. Lasciando da parte il discorso Russell, diventato improvvisamente più appetibile di Verstappen (!) qualora Lewis dovesse ritirarsi, è nell’ordine delle cose che Mercedes e Wolff (Ineos forse meno) vogliano cominciare a dipingere la squadra del futuro. Vincere aiuta a vincere, è vero, ma inevitabilmente i cicli finiscono. Questo non significa che le Frecce d’Argento non domineranno la prossima stagione, né tanto meno che finiranno relegate a centro gruppo nel 2022. Magari qualcuno lo spera, ma non sarà così. Come accaduto alla Ferrari del dopo Schumacher, la scuderia si giocherà titoli iridati per almeno un lustro.
Nessuno può sapere, oggi, chi ruberà la scettro alla Mercedes. Tutti indicherebbero la Red Bull, ma non è detto si riveli una previsione azzeccata; nessuno indicherebbe la Ferrari, ma allo stesso modo non è detto sia così. Aston Martin, McLaren e Alpine sono tutte scuderie abituate a competere con molte meno risorse dei top team: la prima era del tetto finanziario potrebbe premiare proprio loro.
Hamilton si sente pronto a continuare un ciclo iper-vincente. La Mercedes, al contrario, vede all’orizzonte un probabilissimo declino (quanto avanti nel tempo non si può sapere), e inizia a prendere contromisure. Qualcuno sarebbe tanto coraggioso da negare che un nuovo ciclo – impresa titanica – potrebbe molto più facilmente poggiare su fondamenta dalle sembianze di Verstappen?
Questa curiosa storia invernale potrebbe passare inosservata, e forse non ne rimarranno tracce a breve termine. Anche la più folta coltre di vittorie, però, non riuscirebbe a coprire un suono distante, ovattato ma terribilmente persistente: il logorio dei vincenti. Ossia, dopo sette anni di dominio, Hamilton e la Mercedes.
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