Era il 28 novembre 2018 quando Carlos Sainz, reduce da una stagione non del tutto soddisfacente in Renault, saliva per la prima volta a bordo di una McLaren in occasione dei test Pirelli di fine stagione. Lo spagnolo completò grosso modo 150 tornate della pista di Abu Dhabi al volante di una monoposto capace, 72 ore prima, di passare a malapena la tagliola del Q2 guidata da Fernando Alonso.
I tecnici di Woking rimasero sorpresi dalla precisione dei commenti e delle osservazioni che Carlos fornì in quella giornata; il numero 55 riuscì immediatamente a percepire l’endemica carenza all’anteriore che rese un inferno la stagione della scuderia papaya, distruggendo tra le altre cose la carriera di Stoffel Vandoorne in Formula Uno.
Gli ingegneri più vicini a Sainz sostennero come già in quel test Carlos seppe indirizzare lo sviluppo delle future McLaren. Trattasi probabilmente di iperbole dettata da affetto e riconoscenza; i risultati, però, confermano in gran parte la strampalata tesi. Nei due anni di permanenza dello spagnolo a Woking, la scuderia inglese è passata dal sesto posto in classifica costruttori nel 2018 (62 punti), al quarto nel 2019 (145 punti) e al terzo nel 2020 (202 punti con quattro gare in meno). Una crescita francamente al limite del credibile, impreziosita da due sesti posti in classifica piloti per Sainz stesso, nel 2019 ‘campione’ tra i driver di centro gruppo.
Non è per nulla proibitivo, quindi, comprendere perché la dirigenza della Scuderia Ferrari abbia puntato su Sainz per sostituire Sebastian Vettel. Unendo analisi ben più approfondite riguardo i parametri prestazionali ai risultati dello spagnolo, all’etica del lavoro e all’armonia che Carlos contribuì a creare nel box McLaren, la scelta del numero 55 come spalla di Leclerc assomiglia molto più ad una scelta logica, quasi ovvia, piuttosto che un’intuizione di mercato alla Villeneuve.
Leggendo tra le righe delle interviste e sondando l’ambiente che circonda la Rossa, però, l’aspettativa era pressoché unanime: Carlos sarebbe sbarcato a Maranello per recitare un ruolo d’appoggio a Leclerc. Ancora oggi i piani, soprattutto puntando lo sguardo verso l’iride 2022, sembrano essere questi. La migliore delle ipotesi, prima dei test in Bahrain, era che in poche gare Sainz si avvicinasse a un paio di decimi dalle prestazioni di Charles, conquistando un bottino di punti simile al monegasco.
Dopo undici Gran Premi, nel pieno della pausa estiva, la classifica recita Sainz: 83 punti, Leclerc: 80 punti. Un equilibrio che ha portato Mattia Binotto a sostenere quanto pronosticavamo prima della stagione: la miglior coppia di piloti in Formula Uno risiede a Maranello.
Com’è arrivato, a questo traguardo, il figlio del grande Matador?
QUALIFICA
Il giro secco, tra i ‘fondamentali’ richiesti ad un pilota, non ha mai rappresentato il punto di forza principale di Sainz, nemmeno nelle categorie minori. In Formula Uno lo spagnolo si è sempre difeso bene, pur non brillando; considerando il termine di paragone presente in Ferrari, sulla carta Carlos gioca e giocava in difesa nel confronto interno.
Tutto sommato, si potrebbe azzardare che gli argini abbiano retto, anche meglio del previsto. In fondo, solamente in Bahrain e ad Imola – le prime due corse della stagione – il distacco è stato pesante e, in prospettiva, non giustificabile. Da Portimão in poi (dove Sainz si è qualificato davanti a Leclerc), lo spagnolo si è decisamente avvicinato al limite posto dal numero 16, come certificato dalla contenuta differenza tra i due per quanto riguarda il distacco medio rispetto alla Pole Position.
Il diverso numero di accessi in Q3, così come le due partenze al palo a zero a favore di Charles, certificano come manchi ancora il ‘guizzo’ finale. Altrettanto innegabile, però, è una certa dose di sfortuna nei momenti topici di alcune sessioni chiave, come Monaco e Baku, durante le quali Sainz non ha potuto chiudere il proprio tentativo migliore.
Il talento di Leclerc nel giro secco, alquanto raro, rende quindi necessaria un’importante tara a qualunque paragone tra i due. Tuttavia, appare senza dubbio incoraggiante la tendenza di Sainz a giocarsela sul filo dei decimi (finendo tre volte davanti) nei tracciati rear limited, dove si tende a settare la monoposto verso il sottosterzo, contenendo invece il distacco su piste come Silverstone, che esaltano un Leclerc abilissimo a sfruttare monoposto puntate e nervose al posteriore.
GARA
Riguardo il ritmo in gara e la visione di corsa, la reputazione di Sainz è ben diversa sin dai tempi della Renault, anche se il vero salto qualitativo in merito – come da lui stesso ammesso – è avvenuto in McLaren. Sono ben pochi i piloti capaci di prestazioni similari a quelle di Carlos soprattutto a fine stint, quando il battistrada degli pneumatici è ormai consumato.
Non a caso, lo spagnolo ha collezionato in stagione tre overcut (fermarsi un giro dopo l’avversario per superarlo, ndr) e ha costruito in Austria due corse di rimonta da centro griglia basate sull’allungare significativamente la porzione di gara iniziale. Senza una gestione accorta delle coperture ed un ritmo gara implacabile, exploit del genere sarebbero semplicemente impossibili.
Un dato significativo riguardo l’efficacia di Sainz alla domenica è la somma delle posizioni recuperate al traguardo rispetto alla posizione di partenza. Pur evitando di considerare i ritiri di Leclerc, il saldo dello spagnolo è decisamente migliore; se da un lato ciò riflette la naturale tendenza di Charles a scivolare indietro rispetto alla qualifica – il monegasco al sabato va spesso oltre i limiti della vettura -, dall’altro la posizione media sembra certificare come al termine dei trecento chilometri, Sainz riesca a recuperare parte dello svantaggio patito sul giro secco.
Non bisogna scordare, però, come senza Monaco e Budapest il bilancio di Leclerc avrebbe potuto essere decisamente migliore e, come accade in qualifica, Sainz non sia ancora riuscito a pareggiare i picchi prestazionali di Charles alla domenica. Prestazioni del livello di Imola, Barcellona e Silverstone, dove il monegasco ha concretizzato la propria posizione in griglia mostrando un passo eccellente, pongono l'asticella ad un livello non ancora del tutto raggiunto dal numero 55, neanche in Austria.
LA CONCLUSIONE
Qual è, allora, il metodo Sainz? Cosa ha permesso allo spagnolo di avvicinare tanto Leclerc da poter approfittare dei guai del monegasco, sopravanzandolo in classifica alla vigilia della pausa estiva?
Risulta ovviamente complesso esserne certi senza vivere l’ambiente Ferrari dall’interno, ma l’esperienza di Carlos a Maranello sta mostrando diversi tratti – o meglio, pregi – comuni ai due anni in McLaren. Dalla gestione gara all’ambiente scherzoso, rilassato e collaborativo, lo spagnolo sembra nuovamente impegnato nel porre solide fondamenta sulle quali costruire una crescita continua e convincente, durante la quale raffinare i propri punti di forza e limitare i momenti di difficoltà nel fine settimana.
Solamente una vettura da titolo fornirà un responso finale sul confronto interno alla Ferrari, sulla solidità dell’armonia di squadra e sulla capacità di fornire picchi prestazionali assoluti da parte di Carlos.
Per adesso, il metodo Sainz sembra funzionare anche in Ferrari. Chissà a quali traguardi accompagnerà il Cavallino Rampante.
Fonte immagine: Twitter/Ferrari
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