Tranquilli, nessuna sorpresa. Niente motori AMG esplosi, nessuna clamorosa penalità ad Hamilton o Bottas. Il Gran Premio del 70° Anniversario sarà ancora terreno di caccia delle Mercedes, come del resto qualunque pista da qui al termine di questo scontatissimo mondiale.
Una crepa, però, nel dominio della Stella d’Argento è comparsa ieri mattina e paradossalmente non riguarda direttamente la scuderia iridata. Piuttosto intacca un potere ben più radicato della supremazia tecnica, figlio di un lustro d’instancabile lavoro dello spietato Toto Wolff: l’ascendente politico della Mercedes. In soldoni, la capacità di muovere fili ad ogni discussione regolamentare o commerciale, per altro impeccabilmente, instillando una più o meno consapevole sudditanza psicologica nell’ente regolatore, il che ha reso e rende pressoché ogni decisione aderente al volere della Stella. Accadeva negli anni d’oro Ferrari, accade probabilmente in ogni competizione sportiva: il fascino, l’allure del vincitore non abbaglia solamente i tifosi.
L’aspetto più buffo, curioso e in realtà tipico (secondo i canoni del paddock) della vicenda è che la sentenza di ieri, come ben sapete, riguarda Racing Point e Renault. Tuffiamoci in un breve ed utile riassunto, nella speranza possa evitarvi la lettura dell’intera sentenza (un’esperienza, per quanto interessante, tra il mistico ed il metafisico).
Poche ore dopo la conclusione del Gran Premio di Stiria, la Renault presenta una protesta ufficiale nei confronti delle due RP20, accusando Racing Point di averle dotate di prese dei freni irregolari. La struttura della protesta ricorda la figura retorica della sineddoche, quando grazie ad una parte si parla del tutto. Non potendo infatti indicare l’intera vettura come irregolare – sarebbe stato troppo difficile da dimostrare, ed un alettone si può veramente copiare da fotografie, al di là della successiva riuscita del progetto -, gli ingegneri Renault si sono concentrati su dei componenti che, a causa di un cambiamento nei regolamenti, vivevano in una vera e propria zona grigia. Le prese dei freni, infatti, da qualche anno assolvono solo parzialmente al raffreddamento degli stessi, poiché le loro canalizzazioni vengono sfruttate per dirigere sapientemente flussi d’aria attorno alla vettura. Proprio a causa di quest’ultima funzione, dal 2020 sia le prese anteriori che quelle posteriori sono entrate nel novero delle componenti aerodinamiche della monoposto, il che ne ha ribaltato la classificazione: da non-listed parts, ossia le parti acquistabili da una scuderia avversaria o un fornitore esterno, sono diventate listed parts, ossia i pezzi da progettare e produrre autonomamente in quanto costruttori di una vettura di Formula 1. Quindi, se nel 2019 era perfettamente legale correre con prese dei freni Mercedes per Racing Point, dal 2020 non lo è più, dato che le stesse devono necessariamente essere state progettate e costruite nella sede del team a Silverstone.
In Renault, probabilmente imbeccati da un ex-ingegnere Racing Point ora dipendente della losanga, si sono accorti dell’arcano, sporgendo una protesta che, con il senno di poi, non poteva che essere del tutto accolta. Perché? Come ben spiega la FIA nel documento riguardante la penalità, esiste una sostanziale differenza tra le prese dei freni anteriori e quelle posteriori della RP20.
I condotti anteriori sono infatti una semplice evoluzione di quelli del 2019, che coerentemente al regolamento del tempo Racing Point aveva acquistato da Mercedes. Nonostante la federazione ammetta una possibile discussione in merito, il fatto che fossero presenti sulla RP19 implica che ormai siano nel ‘DNA’ della monoposto. Insomma, la conoscenza ormai acquisita non può essere punita secondo la FIA, il che rende le prese anteriori regolari (ripetiamo, la decisione viene definita opinabile dagli Steward vista l’opacità del regolamento stesso in merito).
Al contrario la penalità comminata a Racing Point si basa esclusivamente sui condotti posteriori. Le analisi degli stessi hanno infatti certificato come siano differenti rispetto a quelli Mercedes del 2019 solo in qualche minimo dettaglio. La RP19, però, non li montava visto l’utilizzo di assetti differenti rispetto alla W10, il che ne avrebbe compromesso il funzionamento, a differenza di quanto ovviamente accade nel clone di questa stagione. Quindi, seppur acquistati nel 2019, data la loro esclusiva introduzione per il 2020 rappresentano un'irregolare mancata progettazione di una listed part. Secondo la Federazione, infatti, la giustificazione Racing Point secondo la quale le prese acquistate siano servite esclusivamente come ispirazione in un successivo progetto è inammissibile, dato che la concezione di un pezzo è parte integrante del processo di design stesso (meno male, aggiungiamo noi!). La proprietà intellettuale del pezzo è, secondo la sentenza, prevalentemente Mercedes, il che equipara l'acquisto, seppur avvenuto nel 2019, ad una vietatissima collaborazione con un fornitore esterno.
Comprese le motivazioni della penalità, passiamo alla natura della stessa e alle sue enormi criticità. Le vetture rosa, infatti, sono state punite solo per quanto riguarda il Gran Premio di Stiria, decurtando 7.5 punti a monoposto e comminando una multa totale di 400000€. Per il Gran Premio d’Ungheria e quello d’Inghilterra è bastata una reprimenda, dato che la FIA ritiene sufficiente la penalizzazione austriaca e, soprattutto, considera ormai regolari le prese dei freni, dato che gli ingegneri sarebbero capaci di replicarle anche se costretti a correzioni. Siamo certi abbia senso? È vero, le prese sono conformi al regolamento tecnico, ma se non lo sono secondo il regolamento sportivo ad una corsa, come possono esserlo a quella successiva senza correttivi? Non sarebbe più corretto slegare la penalità dal singolo Gran Premio, una volta deciso che le prese possono rimanere in vettura, penalizzando il vantaggio nel tempo di progettazione risparmiato con diversi punti in più di penalità attribuiti all'intera stagione?
Leggendo la sentenza, inoltre, emerge in tutta la sua demoralizzante chiarezza l’incapacità degli ispettori FIA nel regolare uno sport tanto complesso. Ora, le ironie su Tombazis, oggi a capo dei delegati tecnici nonché progettista della F2012, sarebbero facili e parzialmente ingiuste. Com’è possibile però che l’ente regolatore si permetta di indicare come fattore mitigante della penalità l’incapacità dei suoi delegati di individuare il problema nella visita in fabbrica di marzo? Stiamo scherzando? Non saranno certo le ripetizioni o alcuni commenti poco giuridici il problema della sentenza. È la palese incapacità di approfondire le zone grigie quanto lascia sconcertati, e pensare che nel verbale della visita (il cui scopo era certificare la correttezza della Racing Point) è riportata anche una – evidentemente superficiale – discussione in merito! I delegati erano distratti dagli innovativi boccioni dell'acqua dello sponsor principale delle monoposto rosa?
Perché, quindi, sostenere che la sentenza riguardante Racing Point abbia a che fare con Mercedes e Toto Wolff? In fondo il ruolo del team argentato, nella sentenza, è contenuto e oggettivamente privo di criticità, non fosse per l’approvvigionamento di prese 2019 arrivate a Silverstone da Brackley il 6 gennaio 2020; non si potrebbero scambiare in alcun modo listed parts, è vero, ma in effetti Mercedes non fornì elementi precedentemente sconosciuti a Racing Point in quella occasione. La leggerezza meriterebbe una reprimenda ma niente di più.
Piuttosto la decisione degli Steward mina, per la prima volta, il progetto d’egemonia Mercedes. Ne colpisce le fondamenta, scuotendo una struttura traballante soprattutto a causa di un’evenienza del tutto sorprendente per Toto Wolff. La ribellione dei team minori. Williams, Renault, Alfa, McLaren. Ci sono anche clienti presenti e futuri della Stella. Ora sì che Wolff è al muro, e lo dimostra l’ulteriore innalzamento nel livello di guerriglia contro la Ferrari.
Binotto si è tuffato a pesce nella polemica una volta intuito il potenziale disturbo verso Mercedes, quasi assumendo la guida della protesta e punzecchiando al contempo Wolff riguardo il Patto della Concordia. Sarebbe molto probabilmente ordinaria amministrazione, figlia di un rapporto ormai pessimo e un lotta senza quartiere inasprita dalla consapevolezza dei vertici Mercedes che, nonostante le vittorie a ripetizione, il Grigio non vale ancora il Rosso, soprattutto a livello commerciale. L’elemento nuovo è la ribellione di un eterogeneo gruppo di scuderie minori. L’insofferenza crescente verso l’abitudine di Wolff di dettare il bello e il cattivo tempo è una vera e propria sirena d'allarme per il manager austriaco. Leggendo i segnali si notava, profonda e silenziosa, già da tempo. Esempio banale è il fastidio generale dettato dalla lettera Mercedes che anticipava di due minuti la comunicazione congiunta riguardante la cancellazione del GP d’Australia, lettera che ribaltava completamente la posizione tenuta durante tutta la notte da Wolff e intascava meriti (amplificati da media inglesi sempre pronti ad esaltare ogni mossa Mercedes) del tutto estranei alla compagine anglo-tedesca.
Gli episodi sono molteplici: dalla penalizzazione a Vettel in Canada a numerose controversie regolamentari (prese dei freni, cerchi forati e chi più ne ha più ne metta), ognuno dimostra la palese esistenza di una sudditanza psicologica verso la scuderia più forte politicamente. Da ieri, grazie all’insorgere dei piccoli capeggiati da una squadra con enormi potenzialità politiche, la musica potrebbe cambiare.
L’imperatore Toto, fermato nella rincorsa al vertice dello Sport, farà bene a stuccare le crepe nel suo impero. Ammesso non ne abbiano già intaccato la struttura.
Comments