Una sorprendente Ferrari ottiene bottino pieno nella notte equatoriale. Dopo una spettacolare Pole Position di Leclerc, domenica Sebastian Vettel sfrutta magistralmente la girandola dei Pit-Stop, andando a conquistare la vittoria nuovamente dopo oltre un anno. Le Mercedes finiscono giù dal podio di una corsa per lunghi tratti soporifera, dominata dalla strategia e ravvivata solo da qualche lotta a centro gruppo, prima di una serie di tre Safety Car consecutive nel finale. Quante delle 5 bandiere a scacchi avranno conquistato i piloti?
LEWIS HAMILTON, 4°: 🏁 🏁 🏁 🏁
Lewis Hamilton giù dal podio è già notizia di per sé, visto il dominio schiacciante a cui ci aveva abituato prima della pausa estiva. A Singapore riceve una monoposto lunatica, che paga una scelta di set up troppo votata alla gara. In qualifica deve metterci tanto del suo per avvicinare le Ferrari, che con il Poleman Leclerc possono poi controllare la prima parte della corsa. La W10, incapace di scaldare correttamente le gomme per il giro secco, in gara non preserva come preventivato le coperture, rendendo deleterio ritardare il primo stop. Lewis si ritrova così quarto, e non sesto, solo grazie al sacrificio di Bottas. Come al solito ha però ottenuto il massimo dal pacchetto, confermando di essere in fuga verso il sesto titolo meritatamente.
VALTTERI BOTTAS, 5°: 🏁 🏁
Totalmente smarrito in qualifica, giustifica i 7 decimi di ritardo dal compagno con una non corretta procedura di riscaldamento degli pneumatici. Sarà anche vero, ma sempre una scusa rimane. In gara è vittima prima del controllo strategico del passo operato da Leclerc, poi di una scellerata strategia della squadra. Il muretto Mercedes lo blocca letteralmente a gomme fresche perché non superi il compagno di squadra dopo i pit-stop, imponendogli un assurdo tempo minimo: ora, capiamo ci siano di mezzo status di prima guida, regole d’ingaggio e via andare. Ma umiliare un pilota in questo modo sembra francamente troppo. Si può giocare di squadra molto più elegantemente. Ed allora una bandiera in più per il povero Valtteri.
SEBASTIAN VETTEL, 1°: 🏁 🏁 🏁 🏁 🏁
Sembra brillare in qualifica, almeno fino all’ultimo tentativo del Q3. Dove Hamilton e soprattutto Leclerc alzano invece l’asticella, relegandolo terzo. Paradossalmente, col senno di poi, perdere la prima fila gli apre la via verso la seconda (ehm, lapsus, prima) vittoria di questa stagione. Gli strateghi della Scuderia decidono di cambiargli le gomme un giro prima rispetto a Leclerc, coprendo così Verstappen e tentando di superare al contempo Hamilton. Seb stampa un giro di rientro da paura e supera anche il monegasco, evento sicuramente non preventivato dal muretto. Poi ci mette molto del suo nello sbarazzarsi magistralmente, e velocemente, delle vetture di centro gruppo incontrate dopo lo stop. Anche meglio del suo compagno di squadra. Il resto è ordinaria amministrazione per un campione come lui, almeno quando, come a Singapore, è in giornata.
CHARLES LECLERC, 2°: 🏁 🏁 🏁 🏁 🏁
Se la condotta di gara di Monza era destinata ad entrare negli annali, il giro con cui stampa la Pole Position a Marina Bay non è da meno. Una danza esaltante tra i muretti. Controlla poi la gara come da piani fino al pit-stop, dandole un ritmo a dir poco soporifero. Subisce quindi lo smacco di essere passato al cambio gomme dal compagno di squadra: la strategia Ferrari è magistrale nel garantire la doppietta, il giro spettacolare di Vettel a gomme fredde priva Charles di una vittoria meritata. A mente fredda sembra aver capito pienamente come nulla fosse intenzionale, e siamo sicuri che sotto sotto, dopo il sacrificio di Seb in Belgio, Charles sapesse di essere un minimo in debito. Ha tutto per tornare molto in fretta al centro del podio.
MAX VERSTAPPEN, 3°: 🏁 🏁 🏁 🏁
Soffre una vettura dal rendimento inaspettatamente molto basso. Non ci è dato sapere se per errori nel set-up o semplice mancanza di performance. Lui però rimane nel gruppo di testa saldamente, anche se riesce ad avvicinarsi agli avversari solo quando questi gestiscono il passo. Viene infatti staccato abbastanza facilmente dalle due Ferrari, a gomme usate, dopo le Safety Car. Davvero non pronosticabile. Lui rimane un leone, che corre costantemente oltre i limiti della monoposto austriaca.
ALEXANDER ALBON, 6°: 🏁 🏁
Forse ci si aspettava qualcosa di più, magari anche a torto. Almeno a Singapore non sembra aver portato quel qualcosa in più rispetto a Gasly, riuscendo a rimanere tra i primi solo quando questi rallentavano vistosamente. Una volta iniziato a spingere davvero, si è un po’ perso. D’altronde è necessario ricordarsi come sia stata solo la sua terza gara in Red Bull, per altro in un circuito che non conosceva. A Sochi gli alibi diminuiranno. Intanto però contribuisce quanto il francesino alla causa Mondiale Costruttori, ricordando quello che poi è l’aspetto chiave di tutta la vicenda intorno al secondo sedile della scuderia austriaca: aspettarsi che un giovane competa con Verstappen è quantomeno da ottimisti. Ma tanto ottimisti.
DANIEL RICCIARDO, 14°: 🏁 🏁 🏁
Che peccato, Daniel! L’australiano conquista una notevole ottava piazza in qualifica, subito davanti al compagno di squadra, confermando la crescita del pacchetto transalpino, anche inaspettatamente. Viene squalificato dalle prove cronometrate per aver sforato la soglia di consumo di energia elettrica, infrazione un tantino comica viste le recenti illazioni dei motoristi rivali, tra cui Renault, verso il comparto ibrido Ferrari. Ricciardo si ritrova così a partire dal fondo, da dove conduce una caparbia rimonta capace di allontanare dalla fase REM la quasi totalità degli spettatori durante i primi giri di gara. Raggiunge il gruppo dei partenti a gomma dura e sembra poter puntare ad un inaspettato arrivo a punti. Rovina tutto con un maldestro contatto contro l’Alfa di Giovinazzi. Meritava un finale di gara diverso, così come meriterebbe di giocarsi posizioni ben migliori.
NICO HÜLKENBERG, 9°: 🏁 🏁
Nico è subito protagonista di un contatto con la McLaren di Sainz dopo poche curve dallo spegnimento dei semafori. Incidente di gara, nel quale entrambi i piloti avrebbero potuto essere più coscienziosi. Riparato l’alettone, e montate gomme nuove, rimane il più veloce in pista per diverso tempo data la processione dei primi. Riesce perciò a risalire velocemente il gruppo, dando buone prospettive alla sua gara. Quando però rimane imbottigliato dietro a Grosjean per diversi giri (guarda te le corse), sembra perdere leggermente l’abbrivio, districandosi poi discretamente tra le varie Safety Car di fine gara. Conclude comunque nono, portando a casa due preziosi punticini.
KEVIN MAGNUSSEN, 17°: 🏁 🏁 🏁
E pensare che la gara di Singapore, dopo la prima girandola di cambi gomme, sembrava finalmente promettere qualche punto per la vettura numero 20. Niente da fare, il calvario della squadra americana continua senza pause: il povero Magnussen, autore fino a metà gara di una prova gagliarda, durante il primo periodo di Safety Car raccoglie un sacchetto di plastica in pista, che si incastra nell’ala anteriore. Il danese alla ripartenza ritrova una vettura inguidabile, fa da chicane mobile per qualche tempo, poi rientra ai box per sistemare l’inconveniente. Finisce ultimo, con la sola consolazione del giro veloce. Se ci si mette anche la Dea bendata….
ROMAIN GROSJEAN, 11°: 🏁
Romain corre a Marina Bay con una vettura in configurazione Melbourne tranne per l’ala anteriore, di ultima specifica. Sembra proprio che la scuderia abbia preso le ultime gare di questa stagione come una serie di test, accettando il mesto nono posto in classifica costruttori. Il passo è quello che è, cioè molto lento, tanto che dopo il cambio gomme si ritrova a battagliare con la Williams di Russell. Il tentativo di sorpasso si conclude con il ritiro del britannico, in un contatto di gara dove entrambi i piloti hanno la loro dose di colpa, visto che la manovra di Romain rimane comunque ottimistica. Dopo le Safety Car arriva addirittura undicesimo, perdendo però un’eternità da Giovinazzi negli ultimi giri, tanto da non sfruttare la penalità di 10 secondi dell’italiano. Semplicemente lento.
CARLOS SAINZ JR, 12°: 🏁 🏁
Lo spagnolo si trova tra le mani la quarta migliore vettura del lotto, senza ombra di dubbio. Continua a sfruttarla al meglio, come il settimo posto in qualifica (da primo dei terrestri) conferma. Carlos rovina però tutto alla curva 5 del primo giro: se è vero che si ha sostanziale corresponsabilità nel contatto tra lui ed Hülkenberg, allo stesso tempo chi aveva più da perdere era Sainz stesso. Preso dalla foga di superare la Red Bull di Albon, si allarga talmente tanto in ingresso della svolta da lasciare un ampio varco che andava poi almeno controllato, prima di chiudere la traiettoria senza riguardi per prendere velocità. Il risultato è una foratura che lo relega ultimo e doppiato, talmente lontano da non poter poi sfruttare nemmeno le tre Safety Car. Chi troppo vuole, nulla stringe.
LANDO NORRIS, 7°: 🏁 🏁 🏁
Si qualifica peggio di quanto potesse a causa di un errore in scalata, sprecando un passo migliore rispetto al compagno di squadra, il che non è banale. In gara conquista subito il settimo posto grazie al contatto tra Sainz ed Hülkenberg, posizione che lascerà solo temporaneamente durante i pit-stop. Non si stacca dai primi quando questi rallentano il passo, mantenendo però da Albon una distanza di sicurezza per non stressare la monoposto. Controlla il resto della gara, portando una vettura ormai chiaramente superiore alle altre di centro gruppo al miglior piazzamento possibile. Conferma di far parte di una nidiata dalle prospettive alquanto rosee.
SERGIO PEREZ, NC°: 🏁
Il messicano si presenta a Singapore vittima di un forte stato influenzale, minimizzato però dalla squadra in vista dell’inizio delle competizioni. Soffre probabilmente la giornata di libere, ed il sabato mattina stampa la sua vettura contro il muro, compromettendo la gara causa la necessità di sostituire il cambio. Sergio si ritira poi a causa di un problema tecnico, l’ennesimo dopo la pausa estiva. Nonostante la gara anonima, sostiene che grazie agli sviluppi si potesse agguantare qualche punto. Non resta che credergli, in attesa di Sochi.
LANCE STROLL, 13°: 🏁
Un Lance fallosissimo vive un weekend da dimenticare. Non si riesce neanche a capire se possa avvicinarsi come velocità pura al compagno di squadra, dato che tocca continuamente i muri di un po’ tutto il circuito, con una predilezione verso quelli del terzo settore. Conducendo in questo modo la vettura non aiuta tanto sé stesso, quanto la Racing Point, che sforna aggiornamenti ormai di continuo per migliorare la classifica a squadre. Lance ha sicuramente talento, lo ha dimostrato a sprazzi e non sarebbe in F1 altrimenti. Solo che anche i suoi colleghi ne hanno, così fa storcere il naso che la bassissima frequenza con cui lo mostra, il talento, non lo metta mai in discussione, mentre tanti altri vivono col sedile in bilico permanentemente.
KIMI RÄIKKÖNEN, NC: 🏁
Il finnico non ha mai digerito la pista di Marina Bay, cogliendo comunque qualche buon risultato figlio più che altro della sua eccezionale consistenza. Strapazzato da Giovinazzi, nonostante un telaio evoluto, non trova mai la quadra tra i muretti. Procede in fondo al gruppo per tutta la gara, dopo delle qualifiche oltretutto fallose. Finisce ritirato a causa dell’attacco banzai di Kvjat. Difficilmente sarebbe andato a punti.
ANTONIO GIOVINAZZI, 10°: 🏁 🏁 🏁 🏁
Antonio conduce una gran gara, esaltando la vettura del Biscione milanese, nonostante questa non brilli a centro gruppo sulle strade di Singapore. Primo tra i partiti con gomme dure, quando i grandi cambiano le coperture si ritrova addirittura a condurre la gara per qualche giro. Evento da ricordare ma che in realtà gli rovina la corsa, dato l’inspiegabile ritardo con cui viene richiamato ai box, costringendolo a perdere punti pesanti. Rimane veloce nel finale di gara, anche grazie alle gomme soft, ed imparerà certamente dalla leggerezza di essere passato troppo vicino ad una gru, azione che gli costa 10 secondi di penalità.
DANIIL KVJAT, 15°: 🏁 🏁
Meriterebbe una sola bandiera a scacchi, data la gara a dir poco confusionaria che conduce. Riesce a farsi superare da tre vetture in un solo giro nel terzo settore, qualcosa di difficilmente visto prima a Singapore. Elimina Kimi con un’entrata non scorretta ma almeno ottimistica. Finisce poi in coda al gruppo guidato da Grosjean, senza accennare una comunque complessa rimonta. Guadagna due bandiere perché ammette, senza alcuna scusa, l’opacità della sua prestazione nelle interviste post-gara. Bel gesto.
PIERRE GASLY, 8°: 🏁 🏁 🏁
Corre in maniera convincente per tutto il weekend, agguantando punti preziosi nella rincorsa al sesto posto del mondiale Costruttori. Non è dato sapere se si trovi meglio con la vettura faentina rispetto alla Red Bull, o se sia semplicemente la rabbia per la sostituzione ad avergli dato una marcia in più. Si sta dimostrando veloce e combattivo, peccato non lo sia stato qualche mese fa. Anche perché chi lo ha sostituito, almeno per ora, si trova in una situazione molto simile alla sua.
GEORGE RUSSELL, NC: 🏁
Ci si aspettava molto dall’inglese questo fine settimana. Dopo delle prove libere convincenti, che sembravano poter essere premessa ad un acceso in Q2, calata la sera la monoposto inglese si è persa, e con lei il suo pilota. Nel tentativo di andare oltre i limiti, George ha commesso un raro errore rimanendo così diciannovesimo in griglia, davanti al solo Kubica. Un contatto al primo giro lo ha poi costretto ad una gara solitaria, terminata per un’altra toccata con Grosjean, dove ha probabilmente stretto un pelo troppo il pilota francese verso il muro. Non ideale, per lui e per la squadra, aver gettato al vento l’occasione Singapore.
ROBERT KUBICA, 16°: 🏁 🏁 🏁
Nella città del Leone Robert ha davvero tirato fuori gli artigli. Sapeva già da inizio stagione che nelle sue condizioni sarebbe stato l’appuntamento più complesso del campionato. Difficoltà cresciuta dopo un infortunio in allenamento la scorsa settimana. Seppur più lento rispetto agli altri piloti, Kubica ha comunque stretto i denti alla grande, arrivando a correre degnamente e difendendo con classe la posizione quando, a causa dei cambi gomme, era possibile farlo. Meravigliosamente stoico.
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