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Immagine del redattoreLuca Ruocco

Parola chiave: Esperienza


Al termine di un fine settimana che profuma tanto di storia quanto di futuro, per innumerevoli ragioni, la parola chiave non può che essere esperienza. Una qualità incredibilmente sottovalutata nella Formula Uno moderna, spesso accantonata in favore del talento puro.


Verstappen esordì a diciassette anni nel mondiale, Stroll e Norris a diciannove; si può discutere all’infinito riguardo a chi tra loro meriti davvero un sedile in griglia (anche se ieri Lance ha zittito diversi critici), ma è innegabile che al momento di metterli sotto contratto nessuna scuderia abbia esitato. Quali che fossero le ragioni (talento puro, sponsor consistenti e/o ottimo management), l’età non rappresentò mai un problema, tanto che la FIA dovette arrivare a introdurre cervellotici meccanismi per il rilascio della superlicenza, mischiando limiti d’età, chilometri percorsi al volante di una monoposto e risultati nelle categorie minori.


Il progressivo abbandono dei test in pista, la crescente efficacia dei simulatori e la mole infinita di dati a disposizione dei piloti aiuta enormemente chi è alle prime armi. Quando gli stessi sono accompagnati da innegabili qualità, spesso superiori alla media, il lavoro è quasi terminato. Un piccolo campioncino è pronto a giocarsi il titolo, soprattutto se ha la fortuna di pilotare una delle poche monoposto capaci di giocarsi l'iride.


Tutto così semplice? Non proprio. Perché prima o poi, possono passare diverse stagioni o solamente qualche sessione di gara, la mancanza di esperienza si fa sentire. Bussa alla porta della giovane stella di turno, ultimamente quasi sempre nei panni di Lewis Hamilton, e pretende un conto salatissimo.


Senza avventurarci in voli pindarici che sfiorino la vita di noi persone comuni, ogni aspetto di un Gran Premio di Formula Uno richiede esperienza. Perché ciò non dovrebbe valere per i piloti?


Commentare o giudicare una corsa richiede esperienza, nella forma di un solido bagaglio storico-culturale. Sono cinque stagioni che la Ferrari fatica enormemente in condizioni di bagnato estremo: perché stupirsi quando ieri, in qualifica, la SF1000 – che è dotata grosso modo della stessa sospensione anteriore della vettura 2017 – ha immediatamente smarrito ogni briciolo di competitività? Allo stesso modo, i tanto vituperati strateghi del muretto Rosso hanno magistralmente sfruttato l’esperienza per elaborare una strategia perfetta durante il Gran Premio di Turchia, soprattutto per Leclerc. Esattamente come accaduto in Germania nel 2019, anticipare i diretti avversari nel montare intermedie nuove ha permesso diversi sorpassi altrimenti impossibili in pista. Liberty Media potrebbe e dovrebbe sfruttare appieno l’esperienza del Gran Premio di Turchia: la farsa del venerdì non è accettabile, in nessuna categoria motoristica, mentre la corsa di oggi ha ricordato – come ogni appuntamento sul bagnato – quanto siano inutili DRS, distacchi ravvicinati e gomme a consumo rapido per rendere spettacolare una corsa. Il pathos lo regalano i piloti, i sorpassi sudati, i controlli al limite su una pista naturalmente insidiosa, senza alcun tipo di artificio a rovinare la scena.


Tornando ai corridori, basta ammirare il podio di oggi per notare quanto importante e fondamentale sia l’esperienza in una corsa del genere. Raikkonen escluso, Hamilton, Perez e Vettel sono i tre piloti più 'anziani' del mondiale. Non è un caso che i primi due siano i soli, nel gruppo di testa, ad aver concluso la corsa su un singolo set di intermedie; il ruolo delle Mercedes nelle loro mani è innegabile (Perez pilota una moderata evoluzione della vettura 2019), ma l’attenzione, le prestazioni e la concentrazione sono solo farina del loro sacco. La Ferrari sulle gomme da bagnato estremo soffriva enormemente, inutile negarlo. Il cronometro parlava chiaro, con Vettel decisamente meno veloce di Red Bull e Racing Point nelle prime fasi di gara. Eppure, il tedesco non veniva mai superato, perché nessuno è riuscito ad interpretare l’uscita di curva 10, precedente al lungo rettifilo di ritorno, tanto bene quanto il tedesco. Sebastian guadagnava puntualmente diverse decine di metri su Hamilton, non uno qualunque, come dimostrato dal finale di gara.


Molti piloti hanno raggiunto picchi prestazionali elevatissimi in corsa. Al momento della VSC per il ritiro di Giovinazzi, Leclerc pagava 55 secondi dalla vetta; il monegasco ha sfiorato il secondo posto, il che gli avrebbe permesso di concludere la corsa a circa 28 secondi da Hamilton nonostante un pit-stop in più. Eppure, a Charles è mancata proprio l’esperienza, la calma nel sorpasso finale ormai compiuto o nella rimonta finale su Perez, nonostante sulle intermedie fosse tra i migliori in quanto a pura velocità. Lo stesso potrebbe dirsi per Verstappen, che ha letteralmente buttato al vento una corsa ampiamente alla sua portata con un tentativo di sorpasso impossibile.


Per quanto abbia di certo un peso anche la maturità dei ragazzi al volante, la meravigliosa corsa dell’Istanbul Park ha premiato chi ha concluso molte corse a cavallo di una lunga carriera. Perez si gioca il futuro in Formula Uno, Vettel si è preso una meravigliosa rivincita sui detrattori e Hamilton ha dipinto l’ennesimo capolavoro di quella che ormai è pura leggenda, conquistando come meglio non poteva il settimo titolo iridato.


Tutti e tre, però, hanno ricordato quanto preziosa sia l’esperienza, anche per un pilota. Sarebbero in molti, nel paddock, a doverne prendere nota.

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