La vigilia dei test in Bahrein ha visto rincorrersi indiscrezioni su pacchetti evolutivi miracolosi, previsioni dei più disparati piani di lavoro e rassicurazioni riguardo un ordine competitivo che, al termine della tre giorni di prove, i più attenti osservatori avrebbero potuto stilare senza troppe difficoltà.
Se le novità tecniche non sono affatto mancate, le ventiquattro ore di apertura della pista mediorientale hanno invece confuso ulteriormente le idee rispetto ai rapporti di forza in campo. Azzardare un pronostico in vista del Gran Premio della settimana prossima – lo faremo al termine dell’analisi – si è rivelata un’operazione molto più complessa di un anno fa, quando la superiorità di Mercedes e soprattutto Red Bull era apparsa schiacciante.
Complice la pressoché totale assenza di simulazioni di gara e il fastidioso saltellamento associato alle vetture 2022, la valutazione delle singole squadre si è trasformata in un districarsi perpetuo tra tempi sul giro molto poco indicativi, dichiarazioni volutamente fuorvianti e una miriade di opinioni qualificate che, escluse le prime della classe, sembrano quasi coordinate nel fornire indicazioni contrastanti.
Proviamo a riordinare le idee, scuderia per scuderia, con questa puntata speciale delle Bandiere a Scacchi, che ritorneranno come di consueto lunedì prossimo per commentare la corsa bahreinita.
MCLAREN
La palma di sorpresa negativa della seconda sessione di test prestagionali spetta senza dubbio alla McLaren. Per dare una misura delle enormi difficoltà riscontrate dalla scuderia di Woking basta pensare che la positività al Covid di Daniel Ricciardo, emersa venerdì, non ha rappresentato la peggior notizia della sessione, nonostante l’enorme grattacapo sportivo ad essa connesso.
Il caldo del Medioriente e la severità del tracciato bahreinita ha infatti esposto un incomprensibile errore progettuale dei tecnici inglesi: il sistema di raffreddamento dell’impianto frenante anteriore si è rivelato del tutto sottostimato, il che ha costretto Norris a lunghissime soste ai box, intervallate da sequenze di 5-7 giri lanciati, pena la completa perdita di potere frenante.
Alcuni aggiornamenti temporanei giunti in pista sabato hanno permesso di recuperare parzialmente il tempo perduto, ma la minima quantità di dati immagazzinata – soprattutto rispetto alle scuderie di vertice – rischia di penalizzare enormemente l’incipit della stagione papaya.
Un vero peccato, dato che la MCL36 ha confermato nel pomeriggio di sabato l’enorme potenziale emerso a Barcellona, con alcuni ottimi riscontri riguardo l’equilibrio generale e l’anteriore forse più preciso dell’intera griglia, confermato da riscontri viola nel mini-settore che comprende il complesso cambio di direzione tra curva 11 e 12. Se il lavoro in termini di assetto può essere parzialmente recuperato al simulatore, non si può dire lo stesso per i guai ai freni. Tre delle prime quattro corse (Al Sakhir, Melbourne e Imola) rientrano tra i circuiti maggiormente probanti per gli impianti; correrci dovendo scendere a compromessi volti all’affidabilità di componenti tanto delicati rappresenterebbe un vero e proprio incubo.
ASTON MARTIN
Il minimo scarto tra i migliori tempi di Vettel e Stroll è un dato rivelatore del particolare programma adottato dalla scuderia di Silverstone.
Nonostante una sorta di riflesso condizionato suggerisca un clima di terrore instaurato da Lawrence Stroll, multimiliardario con la nomea delle porte girevoli, le AMR22 non sono mai scese in pista con l’obiettivo di cercare un tempo sensazionale. È ancora presto per capire se il magnate canadese, dopo aver posto al vertice della scuderia il promettente Mike Krack (BMW Motorsport), si sia finalmente rassegnato a qualche anno di pazienza in attesa delle prime vittorie.
Vettel e Stroll, però, sono stati tra i pochi a compiere molti stint piuttosto lunghi, con il tedesco impegnato in una simulazione di 52 giri nel pomeriggio di sabato. I tempi non hanno mai strabiliato, anche a serbatoi carichi, e gli addetti ai lavori presenti a bordo pista sono rimasti perplessi davanti ad un comportamento della vettura abbastanza erratico e poco reattivo; ciò nonostante, entrambi i piloti sono apparsi fiduciosi e convinti del potenziale della vettura. Di certo, sarebbe sorprendente se – in un verso o nell’altro – le ‘verdone’ abbandonassero la zona di centro gruppo.
WILLIAMS
Nell’analisi post-Barcellona avevamo indicato le monoposto di Grove come la sorpresa positiva della tre giorni catalana.
I riscontri bahreiniti hanno ribaltato l’opinione comune rispetto alla FW44, probabilmente esagerando nel senso opposto. Di certo i test, per la seconda scuderia più vincente della Storia, sono stati tutt’altro che tranquilli. Ad un primo giorno complesso, nel quale sono emerse le prime voci di un concetto-vettura forse non del tutto brillante e di certo complicato da mettere a punto (proprio come accade per la Mercedes, altra monoposto quasi senza pance), è seguito il disastro della seconda mattinata, quando un errore di montaggio ha portato alla combustione dei freni posteriori con conseguente barbecue – alquanto scoppiettante – del retrotreno.
Nella terza giornata si è tentato di salvare il salvabile, alternando addirittura tre volte Latifi e Albon. Quanto è certo è che, almeno in Bahrain, la FW44 sia ancora lontana dall’aver trovato un assetto ideale: basterà per superare il Q1?
ALFA ROMEO
Quanto è certo è che il team di Hinwil, nell’arco di sei giorni, ha accumulato più rotture di qualunque altra scuderia. Volendo fidarsi delle cause dei guasti annunciate ai media, spesso si è trattato di problemi idraulici o quantomeno di criticità nella zona del cambio, proprio il componente il cui rivestimento esterno è progettato in Svizzera a differenza delle ultime stagioni, quando la trasmissione era acquistata da Ferrari nella sua interezza.
La scelta, volta ad ottenere una sospensione push-rod al posteriore, potrebbe anche rivelarsi vincente. I perpetui inconvenienti tecnici, però, finiscono per tarpare inevitabilmente le ali della C42, il cui potenziale sembra invece ottimo. Proprio per questo risulta difficile immaginare Bottas nella prima metà di classifica sabato prossimo, nonostante le attese fossero mediamente ottimiste per le Alfa Romeo.
Non resta che sperare, nei dintorni di Arese, che il detto sempre meglio rendere affidabile una monoposto veloce che fare il contrario venga confermato per l’ennesima volta. Le basi, osservando la sincerità della monoposto a bordo pista, sembrano comunque esserci.
ALPHA TAURI
Le prestazioni non del tutto brillanti del terzo pomeriggio, con Tsunoda impegnato a gestire una AT03 afflitta da sottosterzo, sembrano aver spento molti degli entusiasmi che circondavano la nuova nata in casa Alpha Tauri.
In realtà la vettura bianco-blu ha inanellato moltissimi giri senza mai patire grossi problemi e, exploit del primo giorno a parte, i piloti sembrano generalmente soddisfatti di una monoposto che sembra godere di buona stabilità. Piuttosto, l’atteso riavvicinamento di Haas, Alfa Romeo e Williams al centro gruppo potrebbe rendere molto meno rare le giornate deludenti, in particolare per chi, ormai da diversi anni, naviga stabilmente a centro gruppo.
Una volta trovato l’assetto più congeniale e montati gli aggiornamenti previsti per Imola si potrà scoprire se il tanto agognato quinto posto sarà finalmente raggiungibile; nel mentre, la scuderia faentina dovrà dimostrare di saper ottenere quanto più possibile dal pacchetto a disposizione – che ha già diversi spunti interessanti, tra sospensioni, muso e fiancate -, superando la maggior criticità della passata stagione, chiusa alle spalle di Alpine nonostante una monoposto molto più veloce.
ALPINE
Non serve tornare indietro troppo con i ricordi, basta arrivare al 2020; dopo i test di Barcellona, infatti, moltissimi osservatori indicavano la Renault RS20 di Ricciardo e Ocon come possibile terza forza in campo, data l’imminente debacle Ferrari. Il campionato seguì un copione diverso, complice soprattutto il clone-Mercedes della Racing Point, ma le monoposto francesi sembravano finalmente destinate ad ottimi risultati.
Due anni dopo la scuderia, divenuta nel frattempo Alpine, si appresta a disputare il primo Gran Premio della stagione con il morale più basso dell’ultimo decennio. La mancata crescita rischia di trasformarsi in involuzione, e la A522 ne è perfetto esempio. La Power Unit, completamente rinnovata e passata all’architettura a turbocompressore diviso, sembra promettente ma molto poco affidabile, con l’ennesimo problema alla meccanica nella giornata di giovedì; gli osservatori a bordo pista tacciano la monoposto francese di un comportamento imprevedibile, scostante e tendente al sottosterzo in entrata e al sovrasterzo in uscita di curva; i dirigenti minimizzano ma Alonso e Ocon si trincerano dietro a frasi di circostanza – quando parlano – che assomigliano moltissimo a quelle che precedettero il già citato disastro Ferrari targato 2020.
Insomma, nel prossimo fine settimana servirà un vero miracolo per entrare in Q3. Altrimenti, prendendo per veritiere le voci di un tentativo a serbatoi scarichi nell’ora finale dei test, le Alpine rischiano davvero di trovarsi mezzo secondo dietro le Alfa Romeo. Il che, purtroppo, può significare solamente nelle ultimissime file.
HAAS
Le tornate compiute rimangono sempre troppo poche, e i tempi-sorpresa ottenuti nelle ore serali riservate al team statunitense (veniva risarcito il ritardo dovuto ad un guasto all’aereo cargo, ndr) vanno interpretati con giudizio. Rimane pur vero, però, che la Haas del 2021 non avrebbe mai concluso al secondo posto i test pre-stagionali, e per quanto si cerchi il tempo, il cronometro non risponde automaticamente.
Inoltre, il record di Schumacher nel secondo settore – il più guidato – è abbinato ad un primo settore lontano da quello di Verstappen, il che viste le due sole curve presenti suggerisce un errore o un assetto molto carico, oltre a una Power Unit Ferrari più spinta ma ancora lontana dal proprio potenziale massimo.
Insomma, dopo anni di purgatorio (o meglio inferno), le vetture biancorosse sembrano finalmente poter tornare a correre nel centro gruppo; in fondo, lo strettissimo legame con Maranello e la ridda di ingegneri capitanati da Simone Resta non poteva lasciare del tutto invariato il potenziale della compagine diretta da Steiner. La chiamata di Magnussen, poi, certifica ulteriormente la volontà della proprietà di voltare pagina rispetto all’era Mazepin, puntando alla qualità e all’esperienza di un pilota spesso sottovaluto.
Sarà molto importante, venerdì prossimo, continuare a sgrossare la base della monoposto per eliminare del tutto il rimanente sbilanciamento in frenata, figlio della necessità di contenere il porpoising.
MERCEDES
Le preoccupazioni di Hamilton sono giustificate?
A nostro parere non del tutto. L’enorme aggiornamento apportato alla W13 ha di certo stupito, anche se – almeno secondo chi scrive – ha deluso le attese in quanto a innovazione. Se infatti Ferrari e Red Bull, seppure con metodi diversi, hanno ribaltato il concetto della rastremazione delle pance tanto caro alle monoposto 2021, sfruttando la carrozzeria per dirigere l’aria verso l’esterno della vettura, i tecnici Mercedes hanno raggiunto nuove vette di un concetto in parte già conosciuto. Le prese d’aria e le strutture laterali d’impatto carenate ad ala sono un esercizio d’ingegneria di livello altissimo; viene da chiedersi, però, perché otto delle altre scuderie abbiano virtualmente sostituito i preziosissimi bargeboard con elementi fisici mentre Mercedes e Williams sembrano si affidino alla sola qualità dei flussi.
Nulla toglie che il concetto si riveli vincente con il passare del tempo; per ora, però, la W13 sembra molto complessa da mettere a punto, nervosa e afflitta da un enorme saltellamento, che impone assetti troppo deleteri per completare stint sufficientemente lunghi.
Come mai in Ferrari hanno subito adottato un fondo in stile McLaren/Red Bull per affrontare il problema e in Mercedes si è dovuti ricorrere ad una fresa al sabato sera? Arriveranno sicuramente aggiornamenti in settimana ma la sensazione è che il team di Brackley abbia tirato un po’ troppo la corda dell’auto-compiacimento, sacrificando tre giorni a Barcellona per portare in pista una vettura molto probabilmente più veloce nelle simulazioni, ma afflitta dai medesimi problemi riscontrati in Spagna. In fondo, se non si ha l’umiltà di agire nelle zone comunemente indicate come critiche, è complesso che il saltellamento sparisca perché spaventato da pance ridotte all’osso.
Piuttosto, con tutta probabilità la Power Unit darà una grossa mano sia in Bahrein sia in Arabia Saudita; per ora, i cavalli sono rimasti ben nascosti, e non è detto non bastino a raggiungere le primissime file. Anche con una monoposto ballerina.
RED BULL
La vettura da battere. I dubbi in merito sono pochi, e vanno ben oltre il miglior tempo ottenuto da Verstappen. Riguardano la facilità di guida ottenuta soprattutto con l’aggiornamento di sabato mattina, riguardano un motore confermatosi molto competitivo e, in particolar modo, il ritorno del rake che tutti pensavano Newey avrebbe abbandonato. Nulla di eclatante, intendiamoci, ma un posteriore leggermente rialzato e un bordo esterno del fondo alquanto convoluto sembrano aver reso immune la RB18 dai problemi di saltellamento.
Il primo pilota, poi, è in uno stato di grazia che sembra ricordare da molto vicino il binomio Schumacher-Ferrari; conducente imbattibile, ufficio tecnico in stato di grazia, dirigenza tanto antipatica quanto efficace. Sarà davvero così? Intanto, la Red Bull si avvicina al Bahrein con una monoposto visivamente ancor più impattante della Mercedes e finalmente priva del fastidioso sottosterzo di Barcellona. Sarà difficilissimo scalzare Max dal primo gradino del podio.
FERRARI
Si dice che le buone vetture ottengano ottimi tempi ogni volta che entrano in pista, indipendentemente dalle condizioni e dal carico di carburante. Questo, sin da Barcellona, alla F1-75 è riuscito.
Basta a far sorridere i tifosi, a riaccendere il sogno nell’esercito di perenni abbacchiati che seguono il Cavallino Rampante da quindici anni a questa parte (Raikkonen vinse il mondiale nel 2007, ndr)? No, non basta di certo. Abbondano, però, altri segnali. Il reparto tecnico di Maranello è ultra-attivo nel produrre pezzi che mitighino il porpoising, e nonostante gli ottimi risultati, la monoposto guidata da Leclerc sabato sera sembrava ben lontana da una configurazione definitiva. Addirittura, nella mattinata, Sainz ha compiuto alcuni giri con un assetto molto basso volto ad innescare volutamente il fenomeno. Il cantiere ancora aperto, insomma, sembra suggerire che il compromesso finale per la configurazione della prossima settimana possa sbloccare ulteriore potenziale nella vettura emiliana.
Lasciando poi da parte la questione tempi sul giro (Leclerc ha ottenuto il proprio 90 minuti prima di Verstappen e con una mappa motore meno spinta di quando girava due secondi e mezzo più lento su gomme C2), così come i promettenti riscontri nel passo gara (più lungo e continuo di quello Red Bull, aiutato nella media da due giri di riposo), le premesse per qualche sorriso in più nel solito risiedono nel comportamento generale della vettura, nella sincerità dei movimenti – con il posteriore ancora da rifinire – e, soprattutto, in un motore ancora da spingere al massimo.
Sarà infatti la Power Unit emiliana a decretare se Sainz e Leclerc, sabato prossimo, potranno viaggiare nei paraggi di Verstappen. E i paraggi, è bene ricordarlo, non si estendono solamente dietro una monoposto avversaria.
NOTA FINALE
Vogliamo buttarci? Ma sì, dai, così avremo un documento incontrovertibile davanti al quale ridere lunedì prossimo. L’ordine competitivo di Al Sakhir sarà:
10) Williams
9) Alpine
8) Aston Martin
7) Alfa Romeo
6) Haas
5) Alpha Tauri
4) McLaren
3) Mercedes
2) ?
1) ?
Come dite? Quei punti di domanda nascondono della scaramanzia? Brutta roba, la scaramanzia!
Fonte immagine: Red Bull / Twitter
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