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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

Vettel, la Mercedes e il BOP Aerodinamico


Mikhail Kolesnikov / Shutterstock.com

Accostare la suggestione Vettel-Mercedes e il BOP aerodinamico potrebbe sembrare azzardato, forse inconcludente. Farlo significa spaziare dal romantico che rimane nelle corse – un grande campione che intraprende una sfida quasi impossibile per riscattarsi -, fino ai meandri più incomprensibili dei cavilli regolamentari. Materia tanto noiosa, complessa, litigata e castrante quanto irrimediabilmente decisiva nel dipingere il futuro della F1. È proprio questo il punto di incontro tra due sfaccettature del Circus solo all’apparenza diametralmente opposte: a breve, medio e lungo termine, segnano e segneranno la storia della massima categoria. Tentiamo di capire se in meglio o in peggio.


Tolto il dente, tolto il dolore: partiamo dall’elenco delle novità regolamentari. Alcune approvate, altre in via d’approvazione, ma quasi tutte pressoché certe, dato il loro inequivocabile obiettivo: l’abbattimento dei costi.


Dopo interminabili e molto spesso stucchevoli discussioni, lo Strategy Group ha raggiunto un accordo in merito al Budget Cap. Il tetto di spesa per le scuderie, dai 175 milioni di $ previsti, scenderà a 145 nel 2021 (anno di introduzione dello strumento stesso), 140 nel 2022 e 135 nel 2023. La cifra, calcolata su 21 GP, varierà di un milione di $ ad ogni aggiunta – o cancellazione – di una corsa, oltre a seguire se fosse necessario l’andamento dell’inflazione. Il costo di sviluppo o acquisto dei motori, gli stipendi dei piloti e dei tre quadri più importanti della scuderia, le spese di marketing e logistica rimangono esclusi dalla soglia, come da bozza originaria.


La crisi economica dovuta alla pandemia, unita alla necessità di non perdere alcun motorista presente in F1, ha spinto a stabilire limitazioni anche nell’ambito Power Unit. Dal 2021 al 2025 (quando verrà introdotta la nuova generazione di propulsori) ogni pilota avrà a disposizione due sole Power Unit per l’intera stagione; inoltre, ogni costruttore potrà introdurre novità nel progetto dei componenti solamente una volta a campionato fino al 2023, quando i motori verranno definitivamente congelati. Lo schema segue quanto già accaduto all’epoca dei V8 atmosferici (2006-2013), e se da un lato richiederà inevitabilmente un importante lavoro di sviluppo per garantire l’affidabilità delle unità (le ore permesse al banco prova verranno comunque gradualmente ridotte), dall’altro permetterà ingenti risparmi con il passare del tempo. La velocità e la mancanza di polemiche che hanno caratterizzato il provvedimento dimostra quanto, al di là della sportività, sia realmente efficace e tollerato dai costruttori.


L’ultima novità è epocale. Dopo anni di strenua resistenza, anche la F1 si è arresa al concetto di BOP (Balance of Performance). A differenza di altre categorie, però, ha saputo oggettivamente sposare il concetto con il proprio DNA. Nel 2021 il team campione del mondo avrà a disposizione un tempo di ‘sperimentazione’ aerodinamica (in galleria del vento o al CFD) pari al 90% di una soglia prestabilita. Il tempo a disposizione aumenterà linearmente per le altre scuderie, secondo la classifica costruttori, del 2.5%. Ciò significa che alla 5° classificata spetterà il 100% della soglia, mentre alla decima – oltre che a qualunque nuova scuderia dovesse iscriversi al campionato – il 112.5%. Dal 2022 in poi il limite per il team campione passerà al 70% con scatti del 5% tra le varie squadre.


Complicato, vero? Decisamente. La soluzione può essere giudicata in due modi, che partono da differenti presupposti. Il primo vede in questo artificioso tentativo di ribaltare i valori in campo un tradimento dei valori fondamentali della massima competizione automobilistica. Il secondo valuta la regola secondo il contesto in cui nasce. I top team hanno accumulato, soprattutto negli ultimi anni, un bagaglio di conoscenze quasi impossibile da recuperare. I regolamenti sempre più stringenti – le norme 2022 esaspereranno il concetto –, paradossalmente hanno aumentato i distacchi tra vertice e centro gruppo. Le scuderie maggiori, grazie a risorse e uomini migliori, hanno meglio compreso fenomeni complicatissimi (come l’andamento dei flussi durante una sterzata), sviluppando soluzioni molto poco visibili ma estremamente efficaci. Il BOP aerodinamico aumenta le possibilità di recupero dei piccoli, senza però garantire che questo riesca, a differenza di quanto accade, per esempio, nel WEC: la Rebellion che batte la Toyota, letteralmente frenata da limitazioni assurde, finisce per rendere poco credibile un campionato basato su prototipi. Maggior tempo a disposizione, tra l’altro, non significa né uomini né mezzi migliori.


Indipendentemente da una loro valutazione, le nuove norme hanno due chiari obiettivi: contenere i costi e avvicinare le prestazioni dei concorrenti. È al secondo aspetto che si lega, indissolubilmente, la vicenda Mercedes-Vettel. Se l’obiettivo deve essere creare spettacolo, e lo è, Liberty Media ha un compito tanto proibitivo quanto ovvio: muovere mari e monti per far approdare Sebastian alla corte di Toto Wolff. L’interesse verso una sfida del tutto inedita per la F1 – due compagni di squadra che sommano almeno 10 mondiali – sarebbe altissimo. L’appetito mediatico verso quanto accade in Mercedes surclasserebbe le vicende Ferrari – e ciò sembra molto difficile non stuzzichi il board Daimler -, rivitalizzerebbe un campionato 2021 probabilmente dominato – come il 2020 - dalla W11, visto quanto mostrato l’anno scorso e nei test. Regalerebbe a Vettel un’occasione di riscatto praticamente perfetta, e a Hamilton la possibilità di vincere una sfida che ne esalterebbe definitivamente la leggenda. Tutti vantaggi che superano di gran lunga il probabile clima infuocato in squadra.


Si è messo mano ai regolamenti, superando asprissime resistenze e infinite polemiche: è ora di far sì che Sebastian Vettel e Lewis Hamilton, i due piloti simbolo dell’epoca che viviamo, guidino la stessa vettura. Sarebbe memorabile.

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