Hungaroring, periferia di Budapest. Solitamente l’afa mitteleuropea, mescolata alle caratteristiche del toboga ungherese – soprannominato la Monaco senza muretti -, rende l’ultimo GP prima delle pausa estiva una lunga e noiosissima processione. Vince chi ha la vettura dotata del miglior bilanciamento e del maggior carico aerodinamico, infliggendo distacchi ciclistici a quasi tutti gli avversari.
A volte, però, il clima della capitale magiara cambia improvvisamente. Spesso sono temporali brevi ma intensi, più raramente giornate fresche e instabili. Domenica 31 luglio 2011 è una di queste.
La stagione di F1 aveva vissuto poche settimane prima momenti di altissima tensione politica: la FIA, pressata dalle proteste dei team anti-Red Bull, aveva modificato in corsa i regolamenti tecnici, evento rarissimo nella storia della massima serie. Oggetto del contendere? Gli scarichi soffianti, o meglio le mappe motore che ne amplificavano il potenziale. La trovata geniale della squadra di ingegneri capitanata da Adrian Newey risaliva a metà della stagione precedente: sfruttando una zona grigia del regolamento, il genio inglese aveva riposizionato la luce di scarico dei condotti nella parte superiore del fondo, in corrispondenza dello scalino che precede la ruota posteriore. La trovata, che di fatto aggirava il divieto vigente dal 1994 rispetto alla possibilità che gli scarichi sfociassero direttamente nello spazio compreso tra diffusore e asfalto, esaltava i valori di carico creati dalla porzione inferiore della vettura, determinando un vero e proprio sigillo aerodinamico che eliminava gli effetti nocivi del rotolamento degli pneumatici (tyre squish). Comprensibilmente il dispositivo funzionava senza problemi in fase d’accelerazione; per evitare che smettesse di farlo in rilascio, data la momentanea assenza di gas di scarico abbastanza roventi, i motoristi Renault avevano messo a punto una soluzione tanto intelligente quanto complicata da replicare. Favoriti dai consumi parchi del propulsore francese, gli ingegneri di Viry-Châtillon avevano riscritto le mappe motore: in fase di rilascio una quantità maggiore di carburante rispetto a quella necessaria al lavaggio della camera veniva immessa nel cilindro. Così facendo, il carburante incombusto viaggiava verso gli scarichi, scaldandosi sempre di più fino a garantire valori di spinta aerodinamica simili tra frenata, accelerazione e curve a carico parziale.
Non tutti i motoristi riuscivano a garantire gli stessi risultati del propulsore Renault, come ben si comprende dal video girato a Monza nella stessa stagione.
Tutte le maggiori squadre disponevano di scarichi soffianti, ma solo Red Bull, grazie a Renault, riusciva a farli funzionare tanto bene (la soluzione richiedeva anche enorme adattamento dei piloti, operazione che a Sebastian Vettel riuscì meglio che a chiunque altro). A Silverstone, quando le mappe motore in questione vennero bandite, vinse Alonso con l’altrimenti modesta F150 Italia. Dopo roventi polemiche la FIA tornò sui propri passi per la successiva prova in Germania, gara vinta dalla McLaren di Lewis Hamilton. La Mp4-26, nata su un concetto troppo intraprendete di scarichi 'a piovra’, era giunta all’apice di un processo di miglioramento iniziato appena sposata una soluzione più convenzionale per i terminali. Il mondiale, però, era già saldamente nelle mani di Sebastian Vettel, forte di 57 punti di vantaggio sul compagno di squadra.
Griglia di partenza dell’Hungaroring. Vettel precede Hamilton, Button, Massa, Alonso e Webber. La pista bagnata promette uno spettacolo ben diverso da quello altrimenti scontato previsto in caso di asciutto. Nonostante le Pirelli a consumo rapido (i team avevano previsto, senza pioggia, tra i tre e i quattro stop), il passo di Vettel sembra irraggiungibile per chiunque altro. La pista umida rimette tutto in discussione. Riporta Alonso e la Ferrari al centro della scena, potrebbe esaltare Hamilton e, soprattutto, Jenson Button. Il campione del mondo 2009 due mesi prima, in Canada, ha vinto una corsa assurda, disputata prima con pista fradicia e poi con l’asfalto via via sempre più asciutto, superando all’ultimo giro Vettel nonostante sei passaggi in pit-lane. Button, definito paracarro nei primi anni 2000 da Briatore, è considerato uno dei maestri in condizioni del genere. Sembra non sbagliare mai.
Al via Vettel mantiene la testa della corsa. Nonostante montino tutti gomme intermedie, i piloti faticano a tenere le vetture in strada. La pista è solo umida, le auto alzano pochissima acqua anche in rettilineo, ma il tracciato rimane scivolosissimo. Il grip meccanico della Mp4-26 aiuta Hamilton a sopravanzare Vettel, dopo averlo pressato per i primi giri, quando il tedesco finisce lungo in curva 2 al quinto passaggio. Button rimane terzo mentre Alonso, velocissimo nelle prime fasi, deve nuovamente disfarsi delle Mercedes di Rosberg e Schumacher dopo un errore analogo a quello di Sebastian. Lo stesso identico luogo tradisce al nono giro Massa, che finisce però in testacoda rovinando leggermente l’ala posteriore: i secondi persi dal brasiliano lo costringeranno a una corsa di continua rimonta a centro gruppo terminata al sesto posto.
Webber e Massa sono i primi a montare gomme slick, all’11° tornata. Li segue Button un giro dopo e Hamilton, Vettel e Alonso due. Jenson sfrutta magistralmente le gomme più calde per sorpassare Vettel e issarsi al secondo posto, esattamente come più indietro accade a Webber che passa Alonso e si insedia in quarta posizione. L’asturiano, molto frustrato, rimane imbottigliato dietro alla seconda Red-Bull, mostrando un passo migliore senza però affondare mai l’attacco. I secondi persi in questo frangente gli renderanno impossibile l’aggancio al treno dei primi anche quando riuscirà, grazie alla strategia, a liberarsi di Webber.
La corsa prosegue senza scossoni per una trentina di giri. Tra la 25° e la 30° tornata tutti i big montano nuovamente gomme supersoft, mentre l’attenzione del pubblico è tutta sulla Lotus di Heidfeld che, parcheggiata a lato del rettifilo principale, prende fuoco a causa di un problema ai suggestivi scarichi laterali. La successiva tornata di soste avviene intorno al giro 40. Hamilton e Alonso montano nuovamente gomme supersoft: data la partenza su pneumatici intermedi potrebbero arrivare a fine gara, ma difficilmente ci riusciranno. Le due Red-Bull e Button scelgono invece gomme soft, più dure e sulla carta capaci agevolmente di arrivare in fondo. Nonostante debbano essere trattate con i guanti, per evitare la rimonta a fine gara di Alonso e Hamilton, tali coperture si rivelano la scelta vincente: Vettel passa velocemente l’asturiano mentre Button si avvicina al compagno di squadra, cominciando a metterlo sotto pressione.
Al giro 47 uno scroscio di pioggia improvviso interessa proprio l’area della pista. Hamilton perde il controllo della monoposto in uscita dalla chicane, tradito dall’improvvisa umidità della sede stradale. Nel rientrare in pista quasi travolge Di Resta (Force India), mentre Button è passato indenne e ha preso il comando della corsa. Vettel segue il duo McLaren da vicino. Hamilton sfrutta la mescola più morbida per attaccare Button, ma Jenson resiste. La pioggia si fa via via più insistente: rientrano lo stesso Lewis e Webber. La scelta è rischiosa, ma può regalare ai due la vittoria.
Non è così. Le gocce spariscono in pochi minuti. Button, Vettel e Alonso, ormai tutti su gomme Soft (lo spagnolo è rientrato proprio all’arrivo della pioggia per il suo ultimo stop) acquisiscono un vantaggio incolmabile. Più indietro Lewis (penalizzato con un drive-through per il rientro in pista sconsiderato) e Webber combattono per la quarta posizione. Avrà la meglio Hamilton, grazie a un pregevole sorpasso portato a termine mentre la Red Bull è rallentata da un doppiato.
Davanti Alonso è terzo in solitaria. Può permettersi anche un semi-testacoda, ma la vittoria rimane ben lontana dalla sua portata. Se la giocano Button e Vettel. Ogni volta che Sebastian migliora il responso cronometrico, Jenson risponde, gestendo i circa otto secondi di vantaggio. L’inglese si esalta in condizioni di asfalto umido, soprattutto quando permette gomme slick ma è ancora molto scivoloso. Non mette una ruota fuori posto.
Button ha affondato il colpo su Vettel quando il tedesco era vulnerabile a gomme fredde. Ha contenuto il ritardo nei confronti di Hamilton lasciandosi aperta la possibilità di sfruttarne un errore. Ha difeso strenuamente la posizione dai successivi attacchi di Lewis.
Gli ultimi dieci giri sono abbastanza calmi. Webber rimane vicinissimo ad Hamilton ma non abbastanza da tentare il sorpasso. Le Sauber, Toro Rosso e Force India conducono un’intensa battaglia dalla quale esce vincitore Di Resta, settimo al traguardo.
Vince Button seguito da Vettel e Alonso. I due, e tutto l’ambiente della F1, sul podio sembrano chiedersi: non sbagli mai, Jenson?
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