Ci vuole coraggio per compiere una scelta come quella di Sebastian Vettel. Ci vuole coraggio, soprattutto, a dire addio a un sogno.
Non è difficile immaginare, spulciando tra le indiscrezioni filtrate in questi giorni, come si sia svolta la trattativa. La Ferrari ha offerto a Vettel un prolungamento di contratto più breve rispetto a quanto sperato e desiderato dal tedesco. Sebastian ha compreso di non essere più al centro del progetto Rosso – la prospettiva di una riduzione dell’ingaggio, per quanto argomento volgare, ne deve essere stata conferma principale – e ha deciso di salutare la compagnia. Altro termine terribilmente volgare, perché la storia tra Vettel e la Ferrari ha rappresentato molto, molto di più.
A breve sapremo chi affiancherà Leclerc dal 2021 in poi (il grande favorito è Sainz). Non era neanche troppo complesso comprendere quante ragioni, ben prima dello stop alla stagione reale, complicassero infinitamente il proseguo del rapporto (qui trovate le parti I, II e III della nostra inchiesta di febbraio sul futuro pilota Ferrari). A Maranello solo uno stolto – e stolti da quelle parti non ne esistono – avrebbe aspettato nel blindare Leclerc per le stagioni a venire. Costruire il progetto di un ciclo vincente attorno al monegasco è una scommessa nella quale la maggiore variabile, paradossalmente, non è Charles stesso, bensì la monoposto che gli verrà fornita. Non sono le due vittorie di Spa e Monza a certificarlo, al contrario una serie di episodi della carriera del nuovo numero uno della Rossa: il primo fine settimana in Formula 2, le sette pole position del 2019, il duello con Verstappen a Silverstone dopo la batosta di Zeltweg. Tutti segni di un possibile Campionissimo attorno al quale creare – unico modo per esaltarlo pienamente – una scuderia vincente e concentrata su chiari e inequivocabili obiettivi, scevra di lotte interne irrimediabilmente deleterie. Soprattutto quando non si dispone della monoposto migliore. I miracoli ’97 e ’98 di Schumi furono enormemente aiutati dalla totale concentrazione della Scuderia verso il tedesco: crudele verso Irvine – come fu poi per Barrichello – ma incredibilmente efficace.
Sposare un progetto del genere ha richiesto un sacrificio: Sebastian Vettel. Sofferto e, serve sottolinearlo, possibilmente rischioso. Sainz, Ricciardo, Giovinazzi e Bottas sono tutti nomi di piloti con meno esperienza di Sebastian, il che in vista della rivoluzione regolamentare 2022 aumenta la difficoltà della sfida per gli ingegneri di Maranello. La ragione principale dell’offerta di rinnovo di Binotto a Vettel probabilmente era proprio questa. Come si poteva però pensare che il tedesco, seriamente, accettasse di perdere il proprio status di prima guida? Non si parla di quanto scritto nel contratto – probabilmente il termine ‘seconda guida’ è assente anche da quello di Bottas – ma di quanto sottointeso da cifre e durata dello stesso.
Vettel, quattro volte campione del mondo e terzo pilota più vincente sia nella storia del mondiale che in quella della Scuderia, accettando avrebbe comunque certificato la fine di un sogno. Abbassandosi ad una condizione del tutto immeritata: lottare per un posto al sole sperando, intimamente, di dover aiutare il meno possibile il proprio compagno. Chiunque riterrebbe più allettante intraprendere una nuova sfida (McLaren-Mercedes o Renault, ammesso Sebastian non si ritiri), puntando a cogliere nuove e inaspettate soddisfazioni, oltre che possibili rivincite.
Vettel merita di sentirsi ed essere il centro di un progetto. È per questo che la notizia di stamattina, al di là dei risvolti futuri, in realtà scatena un’enorme ondata di malinconia. Diventa quasi tangibile, si sente nell’aria, il peso della fine di una storia che, come ogni rapporto che si rispetti tra pilota e monoposto, dopotutto è una storia d’amore. Le lacrime di Singapore contenevano in tutta la loro tenerezza il futuro di Seb, molto di più del doloroso testacoda di Monza. L’avventura di Sebastian in Ferrari presenta mille sfaccettature, tutte meravigliosamente esplicative dell’impareggiabile magia di una Rossa da Gran Premio. Il risalire la china, il rispetto e il fascino totale per il Mito, il brivido di potersi finalmente giocare un mondiale. Gli errori, le cadute, le imprese e le polemiche: ogni singolo tratto della storia di Seb in Ferrari impreziosisce un’epopea del tutto unica. Perché spesso la sofferenza di un Campione, il fallire nel tentativo di superare i propri limiti, regala emozioni anche superiori ad una vittoria. Amplifica la magia dello sport e delle corse, esponendo cicatrici e ferite comuni, nelle più disparate forme, a qualunque esperienza di vita. Rende infinitamente più dolce rialzare la testa, oltre che molto più difficile salutarsi definitivamente.
Ci vuole un coraggio smisurato per dirsi addio, per voltarsi indietro rendendosi conto che quanto era speciale un tempo oggi non esiste più. Sebastian Vettel ne è stato capace. Comunque vadano le eventuali corse di questa stagione, intriso di nostalgia il suo nome rimarrà per sempre nella Storia del Cavallino Rampante.
Ricordando a chiunque che la realtà, anche se lontana dai sogni, può regalare emozioni indimenticabili.
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