24 settembre 2000. Indianapolis. La capitale dell’omonimo Stato si sveglia immersa in una pioggia leggera ma persistente. L’aria è umida e decisamente fresca, tanto che non andrà oltre i 13° C alle 14 locali, orario di partenza del Gran Premio degli Stati Uniti. Dopo nove anni dall’ultima corsa a stelle e strisce, Phoenix 1991, e quasi cinquanta dall’ultima edizione della 500 miglia valevole per il campionato, il Circus approda nuovamente nel celeberrimo Superspeedway.
La pista ricavata per l’occasione vede i piloti percorrere in pieno solo una curva dell’ovale, la prima, per altro al contrario. Dopo aver sfrecciato davanti ai box in senso inverso rispetto alle Indycar, le monoposto affrontano la prima staccata per poi tuffarsi in una sequenza di curve lente decisamente tormentata, intervallata solamente dal breve rettifilo di ritorno. Se ne ricava un’impressione decisamente diversa rispetto a quanto accade durante la 500 miglia: l’unico passaggio sulla sopraelevata affascina ma, inevitabilmente, le velocità sono significativamente minori rispetto a quelle delle vetture Indycar. I numerosi tornanti dovrebbero rendere complicato seguire costantemente un avversario, ma la speranza è che l’effetto scia, unito alla scarsa conoscenza della pista da parte delle scuderie, possa regalare una corsa combattuta, incerta fino all’ultimo. Sarebbe un ottimo modo di ripagare la fiducia degli appassionati americani, accorsi in massa per assistere ad uno spettacolo ormai all’apice del panorama motoristico mondiale. 250.000 paganti rappresentano infatti il record storico per un Gran Premio di Formula 1.
La stagione 2000 vede nuovamente sfidarsi Michael Schumacher su Ferrari e Mika Hakkinen su McLaren. Gli indici d’ascolto televisivi, italiani o meno, certificano quanto interesse, quanta passione e quante emozioni susciti la rincorsa al titolo della Rossa. Il titolo Piloti non prende la strada di Maranello da ventuno anni. Ventuno. La F2000 sembra l’arma definitiva ad inizio stagione, una vettura capace di mettere fine al discorso iridato ben prima dell’ultima corsa della stagione, stregata nei tre anni precedenti per la Scuderia guidata da Jean Todt. Schumi vince cinque delle prime otto corse, costruendo un vantaggio importantissimo in classifica. Un’estate drammatica però, con tre ritiri consecutivi per il tedesco, vede Hakkinen rientrare prepotentemente in corsa per il titolo; il finlandese, tra l’Ungheria e Spa (teatro del famosissimo sorpasso ai danni di Schumi con Zonta terzo incomodo), guadagna la testa della classifica, provando ad accumulare il vantaggio necessario ad agguantare il terzo titolo consecutivo. Monza, due settimane prima di Indianapolis, regala nuovamente un trionfo del tedesco, in stato di grazia nel tracciato brianzolo dove una vera e propria marea Rossa lo sospinge per l’intero fine settimana.
Ad Indianapolis li separano due punti. Hakkinen ne ha accumulati 80, Schumacher 78. Due punti e tre corse alla fine. Nessuna delle due vetture sembra poter prevalere sull’altra, quindi né il tedesco né il finlandese possono godere di un vantaggio competitivo. Le qualifiche di Indy rispecchiano perfettamente la situazione: Schumacher, Coulthard, Hakkinen e Barrichello sono, in quest’ordine, racchiusi in poco più di tre decimi di secondo. Può succedere di tutto, ma è Schumacher a dover recuperare. La Ferrari non può sbagliare nulla, altrimenti per il quarto anno consecutivo potrebbe perdere il mondiale proprio nel finale. L’ennesima beffa.
La pioggia che avvolgeva Indianapolis al mattino smette di cadere poco prima del via. Fa freddo, non basta il cielo coperto perché il tracciato sia completamente asciutto. Solo Herbert, su Jaguar, partirà con gomme slick. Tutti gli altri montano pneumatici intermedi. Schumacher non deve assolutamente sbagliare la partenza.
Non lo fa, scatta perfettamente allo spegnimento dei semafori. Coulthard, però, dalla seconda casella parte una frazione di secondo prima che le luci rosse si spengano. È un palese jump start, arriverà di certo una penalizzazione, ma ciò non toglie che lo scozzese per i primi giri sia davanti. Il che lascia Schumi scoperto agli attacchi di Hakkinen, terzo dietro di lui.
Al quarto giro Michael cambia passo. Si è stufato. Guadagna un secondo su Coulthard, sul quale da qualche momento pende una penalità di dieci secondi di stop and go. Schumacher, però, non vuole e non può aspettare. Hakkinen, dietro di lui, è ormai vicinissimo. Al quinto giro si tuffa all’esterno della prima curva, ma non riesce a passare per pochissimo. Affianca ovunque Coulthard. Si fa vedere negli specchietti, stacca profondo, intimidisce, ma il tracciato è stretto e la pista, fuori traiettoria, decisamente umida. Troppo facile posizionare correttamente la McLaren. Schumi, però, vuole la posizione. Esce perfettamente dall’ultima, vera curva. Approccia la sopraelevata già in scia. Punta Coulthard. Scarta verso fine rettifilo a sinistra, stacca profondissimo e passa. All’esterno. Sulla linea bagnata. Il boato dei 250.000 è impressionante.
Intanto diversi piloti, tra cui Barrichello, passano alle gomme da asciutto. Ed è qui, dopo il sorpasso ai danni di Coulthard, che Schumacher compie un vero e proprio miracolo. Coccola letteralmente la mescola intermedia, rimanendo per una decina di giri il pilota più veloce in pista, nonostante suo fratello Ralf su Williams-BMW abbia cominciato a girare fortissimo, operazione che richiede qualche giro data la bassa temperatura della pista e le conseguenti difficoltà nell'innescare calore negli pneumatici. La classifica assume contorni al limite del credibile, tanto che Mazzacane, su Minardi, viaggia clamorosamente quarto per qualche tornata.
Al sedicesimo giro Schumacher è uno degli ultimi a rientrare ai box. Il pit-stop procede senza intoppi, tanto che Michael rientra in pista senza perdere il comando della corsa. Dietro di lui, ad una decina di secondi, Hakkinen. Il finlandese ha già portato in temperatura le coperture. La sua Mp4-15 inizia a mostrare il proprio valore anche in terra statunitense. Mika segna un giro veloce dopo l’altro.
Forse stavolta Ross Brawn ha sbagliato, forse Michael non riuscirà a difendersi. Perdere la prima posizione ora renderebbe complicatissima la gara, ma senza le gomme in temperatura il tedesco non può nulla. Michael spinge, più che può, ma la McLaren si fa sempre più vicina.
Al giro 27, il numero di Gilles, le telecamere seguono i due contendenti al titolo. Hakkinen è a meno di cinque secondi da Schumacher, lo vede chiaramente nel rettifilo di ritorno. La monoposto rossa precede quella grigia nell’affrontare il tornantino più lento, per poi tuffarsi dopo pochi metri nell’ovale. All’esterno di questa curva staziona una telecamera che inquadra le vetture da dietro. Il regista la sceglie per quel passaggio. Passa Schumacher, che accelera senza problemi.
Passa Hakkinen. Un bagliore arancione coglie l’occhio di centinaia di milioni di spettatori nel mondo. Lo scarico sinistro della McLaren è infuocato. Il motore Mercedes ha ceduto. Hakkinen, sconsolato, rientra ai box. È, per lui, la prima rottura stagionale. Proprio mentre era impegnato nella caccia all’avversario di sempre.
Schumacher non ha rivali. L’unico ad avvicinarsi al suo passo è il fratello Ralf, che verso il secondo pit-stop accusa problemi all’impianto pneumatico del motore e sprofonda velocemente in classifica. Coulthard dopo la penalizzazione in classifica lotta per cogliere qualche punto (assegnati, ai tempi, ai primi sei) dopo una lunga lotta con la Arrows di Gené. Barrichello, grazie alla strategia e a qualche errore altrui, sale lentamente fino in seconda posizione. Frentzen (Jordan) e Jacques Villeneuve (BAR) si giocano il gradino più basso del podio soprattutto dopo la sosta finale, con il canadese che attacca il tedesco ma finisce nell’erba, per poi riavvicinarsi – ma non abbastanza – nel finale.
Michael, lì davanti, è completamente solo. Si rende conto che questa corsa può rappresentare la svolta. L’occasione per guadagnare un vantaggio decisivo. Comincia a rallentare vistosamente, passeggiando al ritmo delle Minardi. Non lo può riprendere nessuno. Lascia raffreddare talmente tanto le gomme che, a tre giri dalla fine, compie un testacoda al tornantino finendo nell’erba; riparte subito, fortunatamente, ma ai box Ferrari hanno perso una decina d’anni di vita. Schumi, per non rischiare, ricomincia a spingere, tanto che Barrichello non riesce a raggiungerlo per una possibile parata.
Dopo 73 giri di gara Michael Schumacher taglia il traguardo davanti a Barrichello. Ad Indianapolis è doppietta Ferrari.
Due settimane più tardi si terrà il Gran Premio del Giappone a Suzuka. Schumi, ora forte di 88 punti, vincendo può assicurarsi il titolo.
Tutto grazie ad Indianapolis 2000. La gara della svolta.
Volete rivivere Suzuka 2000? Trovate qui il racconto della corsa nipponica.
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