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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

Jerez 1986 - Il Mago e il Leone


Il Mago, il Professore, il Leone e lo Zingaro. Senna, Prost, Mansell e Piquet. Gli anni ’80 della F1 sono loro. Al di là del turbo, della formula consumo, della McLaren o della Williams. Quattro soprannomi per quattro piloti che hanno segnato un’epoca, regalando alcune delle pagine più famose della Storia delle corse. Jerez 1986 è una di queste.


Jerez de la Frontera, Andalusia. Il circuito più importante del sud della penisola iberica ospita per la prima volta il mondiale di F1. È una pista che non lascia respiro: le curve si susseguono senza sosta, una diversa dall’altra, intervallate da brevissimi rettilinei. La griglia di partenza sembra quasi straripare dal dritto principale, prima che il tracciato salga e si tuffi in una piega destrorsa secca e cieca, unica reale opportunità di sorpasso assieme alla curva Dry Sack, all’opposto del complesso le cui tribune non sono ancora state completate.


Entrare subito in sintonia con una pista non è semplice. Serve essere un po’ un prestigiatore, telegrafando senza sosta sul pedale dell’acceleratore per tenere sempre pronto il turbo all’uscita delle curve, scatenando prima di chiunque altro gli oltre mille cavalli dell’unità da qualifica. Bisogna essere capaci di lasciare fuori dal casco il mondo intero, entrando in un tunnel delimitato dai cordoli bianchi e blu. Frizione, marcia, acceleratore, freno. Senza sosta, senza respiro, per un minuto, ventuno secondi e sei decimi. 826 millesimi meglio di chiunque altro: Ayrton Senna, il Mago, è in pole position per il Gran Premio di Spagna. Lo seguono in griglia le due Williams - grandi favorite alla vigilia dato il perentorio successo di Piquet in Brasile – e le McLaren di Prost e Rosberg. Johnny Dumfries, sull’altra Lotus-Renault, non è andato oltre il decimo posto in griglia, staccato di tre secondi e mezzo. Il Mago, lo Zingaro, il Leone e il Professore: sono loro i primi quattro a schierarsi, loro i migliori nel capire la sfida di un giro secco inedito e complicatissimo. Le incognite in vista della corsa non mancano. I timori di tutte le scuderie sono concentrati sul cambio, fortemente sollecitato dalle continue variazioni di marcia richieste dalla conformazione del tracciato. I piloti dovranno prestare attenzione anche al consumo della benzina, nonostante Jerez non sia tra le piste più critiche in merito, e a quello degli pneumatici. Nessuno ha mai coperto un’intera distanza di gara sul tracciato andaluso.


Domenica 13 aprile il cielo è terso, il che permette al sole di scaldare tanto l’asfalto quanto la terra secca che lo circonda. L’aria è fresca, ai box e in griglia di partenza sono in pochi a non indossare un giubbotto. Qualche minuto prima delle 14 vengono accessi i motori delle monoposto, per la prima volta nella storia del campionato tutti turbo. La melodia risuona tra la tribuna principale e la palazzina dei box. Il fischio delle turbine è assente, si farà sentire soprattutto in rilascio, prima che l’urlo dei V6 salga di tono in corrispondenza dell’uscita di curva, complice l’apertura della valvola Wastegate. Allo spegnimento dei semafori la Lotus nero-oro di Senna mantiene agevolmente la testa della corsa. Dietro di lui si insediano la Williams di Piquet, uno scatenato Rosberg che infila Mansell al termine del primo giro, Prost e lo stesso Leone d’Inghilterra.


I primi cinque corrono in una categoria a parte, formando un trenino capitanato da Ayrton che stacca velocemente il resto del gruppo. Con il passare dei giri la Lotus guadagna qualche metro, così più indietro Mansell è costretto a rompere gli indugi. Al 19° dei 72° giri in programma infila Prost con un sorpasso furbo e deciso, tuffandosi di sorpresa all’interno della curva Michelin. La caccia del Leone prosegue puntando la McLaren di Rosberg: grazie al doppiaggio di Fabi (Benetton), Nigel riesce ad affiancare la McLaren del finlandese in rettilineo, lasciando al motore Honda il resto della fatica. Il secondo posto di Piquet resiste solo qualche giro in più: alla 33° tornata la Williams numero 5 scarta dalla scia del compagno al termine del rettilineo principale, portando a termine un sorpasso forse troppo semplice. È possibile che Piquet, arrivato da pochi mesi ma già al lavoro per conquistare la supremazia in squadra, abbia lasciato strada tanto facilmente al burbero trentatreenne dell’Isola di Man? La risposta arriva pochi minuti dopo, quando da una colonna di fumo biancastro emerge parcheggiata a bordo pista la Williams numero 6: per lo Zingaro è arrivato il primo ritiro stagionale.


La corsa diventa un affare a due. Il Mago e il Leone. Senna e Mansell. I due fantasisti del volante, capaci di inventarsi prestazioni al di là del concepibile. Oltre la vettura, oltre il celeberrimo ritmo in corsa del Professore Prost (a quel punto 3°). Nigel è indomabile: non lascia il tempo a Senna di reagire, di impostare qualche traiettoria di difesa. Al giro 39 affonda l’attacco e passa la Lotus-Renault, involandosi nelle tornate successive. Intorno al cinquantesimo passaggio ha un vantaggio che rasenta i 5 secondi su Senna e i 10 su Prost. La gara sembra aver scelto il suo padrone. Le gomme della FW11 molto meno.


Mansell perde improvvisamente terreno. Alla 57° tornata Senna e Prost – bravissimo a gestire coperture e carburante – gli sono vicinissimi. I tre mettono in scena il meglio del repertorio personale. Mansell sfodera gli artigli e si difende chiudendo ogni spiraglio; Senna improvvisa, tentando attacchi con due ruote sull’erba; Prost attende, non sbaglia una traiettoria e coglie l’occasione quando al giro 64 l’attacco di Ayrton colpisce il bersaglio. Il brasiliano rimane vicinissimo alla Williams nelle esse che precedono il tornante Dry Sack, per poi tuffarsi all’interno costringendo Mansell, ormai sulle tele, a finire largo. La McLaren del campione del mondo in carica segue la Lotus come un’ombra, relegando Mansell alle sue spalle. I nove giri appena conclusi hanno mandato in visibilio i tifosi spagnoli. La prima gara da cinque anni nel paese iberico ha regalato una delle migliori battaglie degli ultimi anni. Basterebbe perché ogni singolo spettatore pagante tornasse a casa felice; ma accade molto, molto di più.


Il Leone non ha nulla da perdere. A meno di rotture il gradino più basso del podio è suo. Subito dopo essere stato superato rientra ai box. Davanti Senna ha già iniziato a distanziare Prost, continuando a guidare magistralmente la sua Lotus-Renault, con la quale pur scodando ad ogni uscita di curva mantiene un passo irraggiungibile per chiunque altro, senza per altro aver consumato quanto Mansell le coperture. I meccanici Williams montano a Nigel un nuovo treno di pneumatici. L’inglese ha davanti a sé sette giri. Guida la monoposto migliore, spinta dal motore più potente. Senna e Prost sono a poco meno di 30 secondi. Nelle tornate successive accade l’impensabile. Il ruggito del Leone è spaventoso: Mansell guadagna fino a cinque secondi al giro. La sua FW11 sembra agganciata a dei binari. All’inizio della terzultima tornata è incollato a Prost, che resiste all’attacco sferratogli alla prima piega ritardando di qualche curva il sorpasso. Quando transita nuovamente sul traguardo Mansell ha 5’’3 di ritardo da Senna. Mancano due giri. Serve l’ultimo, immane sforzo. Nelle 16 curve successive mangia 3’’9 alla Lotus. Siamo alla tornata finale. Le due monoposto sono separate da 1’’5. Il Leone sta per farcela. È troppo lontano alla prima curva. È ancora distante alla Dry Sack. Resta il tornantino finale, dove è quasi impossibile passare, vista la velocissima piega che lo precede. Mansell la affronta di traverso, rosicchiando ulteriormente terreno. Affonda la staccata. Senna copre l’interno. Nigel si allarga, per bruciare Ayrton in accelerazione. Gli è di fianco pochi metri dopo l’uscita di curva. Il traguardo si avvicina sempre di più, la velocità sale impazzita. I motori turbo urlano come mai prima, assetati delle ultime gocce di benzina rimaste nel serbatoio.


Il Leone non poteva guidare meglio. Ha dimostrato di poter puntare al titolo, di saper mantenere il sangue freddo. Davanti però si è trovato un Mago, e si sa qual è il lavoro dei prestigiatori. Lasciare increduli davanti ad una magia.


L’ultimo giro di Senna è divino. Danza sulle tele, disegnando traiettorie precise al millimetro. La pressione di Mansell gli scivola addosso. Il dosaggio dell’acceleratore in uscita dal tornante finale è sublime, un numero superlativo impreziosito da una leggera sbandata per concludere al meglio lo spettacolo.


Vince Senna, che precede Mansell sul traguardo di 0’’014.


Quattordici millesimi. I due sono praticamente un’unica figura.


Il Mago e il Leone.


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