Quarantanove giri senza storia, con le Mercedes in controllo totale, Verstappen unico capace di opporre una seppur minima resistenza ed il resto del gruppone impegnato in una corsa a sé, peraltro decisamente combattuta. Poi, il caos: Hamilton vince su tre ruote, Leclerc conquista un podio insperato e Bottas vede il mondiale sempre più lontano. Le bandiere a scacchi saranno scoppiettanti quanto i tre, incredibili giri finali? Scopritelo qui sotto!
LEWIS HAMILTON, 1°: 🏁 🏁 🏁 🏁
Terza vittoria consecutiva ed ipoteca su un titolo riguardo al quale persistevano dubbi meno consistenti delle Pirelli a fine gara. Perché, allora, Lewis non colleziona l’ennesimo en plein di bandiere fermandosi a quattro? Le cause sono principalmente due: il testacoda in Q2, che poteva costare carissimo al campione del mondo, e il ritmo gara meno schiacciante del solito. Ovviamente parliamo di minuzie, leggerissimi difetti in una camminata trionfale che sembra destinata ad arrestarsi solo nel 2022. Eppure, Bottas è riuscito a pressarlo per l’intera gara – mai successo a Silverstone – e per assicurarsi la Pole Lewis ha dovuto attingere ai trucchi migliori del suo repertorio. La calma olimpionica mostrata nel giro finale su tre ruote è stata invece l’ennesima, inequivocabile dimostrazione di un pilota sempre pronto a meritare i regali della dea fortuna. Lo dimostrano i sei titoli e la classifica piloti senza più storia.
VALTTERI BOTTAS, 11°: 🏁 🏁 🏁
Nel fine settimana inglese di Bottas non si può non intravedere un disperato – e sfortunato – tentativo di rimanere aggrappato al titolo. La sua corsa, precisa e mai arrendevole nel tentativo di indurre Hamilton all’errore, è però il perfetto esempio del perché Enzo Ferrari affermasse che nelle corse, la sfortuna non esiste. Valtteri, infatti, dopo una qualifica al limite delle sue possibilità – il che significa rimanere tre decimi lontano da Hamilton, vera pecca del fine settimana – ha scientemente corso il rischio di consumare maggiormente gli pneumatici, tentando di non perdere contatto da Lewis. Una volta percepite delle vibrazioni, però, il finlandese ha diligentemente rallentato il ritmo, in modo tale da preservare la piazza d’onore, per poi avvisare il team via radio. Il muretto Mercedes, nonostante un margine più che sufficiente, non ha ritenuto necessario un secondo stop: se il destino ha evitato che Hamilton perdesse la vittoria, allo stesso tempo è innegabile che Bottas abbia pagato enormemente la scelta di James Wolves. Insomma, tra Valtteri stesso e la squadra, sembra che le cartucce iridate per la vettura numero 77 siano già finite. Un vero peccato, soprattutto per noi spettatori.
CHARLES LECLERC, 3°: 🏁 🏁 🏁 🏁 🏁
Semplicemente perfetto (ne abbiamo parlato più approfonditamente qui). La Ferrari scarica al massimo la SF1000, unico modo per raggiungere la zona punti, affidando ai piloti una vettura difficilissima da portare al limite. Charles come reagisce? Si esalta, pennellando un giro perfetto in qualifica durante il quale fa sembrare la monoposto su dei binari (l’assetto del monegasco, a scanso di equivoci, doveva comunque essere decisamente indovinato, pur considerando gli evidentissimi limiti della vettura), per poi gestire magistralmente le coperture per l’intera corsa. Sia quando costruisce il vantaggio sulle McLaren, sia quando riparte lentamente dopo le Safety Car per non surriscaldare la mescola. È la luce in fondo al tunnel nel cammino della rinascita Rossa.
SEBASTIAN VETTEL, 10°: 🏁 🏁
Le attenuanti, per carità, non mancano: prove libere 1 perse a causa di un guasto all’intercooler, prove libere 2 castrate da un problema alla pedaliera e prove libere 3 brevemente interrotte dallo stesso, fastidiosissimo inconveniente. Non bastano però a giustificare un fine settimana complicatissimo, durante il quale Sebastian – che in carriera, per pioggia o guasti, ha più volte perso le libere – ha perso completamente la bussola. Appena la Ferrari è tornata ad un assetto aerodinamico determinante un posteriore più nervoso, nonostante un oggettivo incremento di competitività della vettura il tedesco ha perso ogni tipo di confidenza nella SF1000. Il che è difficilmente giustificabile: un pilota della caratura di Seb può rimanere lontano qualche decimo da Leclerc senza una monoposto di suo gradimento, ma non può sprofondare tanto lontano, sia in qualifica che in gara. La versatilità servirà anche in Aston Martin.
MAX VERSTAPPEN, 2°: 🏁 🏁 🏁 🏁 🏁
Qualche difetto nel fine settimana di Max? Oggettivamente nessuno. Anzi, a volte sorge il dubbio che la Red Bull fatichi tanto a migliorare proprio a causa dell’olandese, il quale finisce per mascherare sempre le magagne della RB16. Perché magari Albon faticherà più del dovuto, ma lui al contempo esalta la monoposto trascinandola verso vette che indubbiamente non le appartengono. Contenere tanto efficacemente il distacco dalle W11, fossero o meno in gestione i piloti della Stella, è un segnale inequivocabile: Max, ad oggi, potrebbe tranquillamente giocarsi il mondiale. Lo sapevamo già, ma lui sembra divertirsi a ricordarlo continuamente. Anche quando con grande maturità assolve senza dubbi la squadra che, richiamandolo ai box a tre giri dalla fine, lo priva – ma solo con il senno di poi – di una clamorosa vittoria.
ALEXANDER ALBON, 8°: 🏁
Conquistare quattro punti dopo tre giorni tanto complessi dovrebbe risollevare il morale di chiunque. Non di Albon, che durante le interviste post-gara suscita vagonate di tenerezza per quanto appaia abbattuto e sopraffatto da una situazione palesemente in caduta libera. Sbatte il venerdì, in enorme difficoltà sul giro secco al sabato, Alex comincia malissimo la corsa spedendo Magnussen a muro con una manovra eccessivamente ottimista, della quale – secondo chi scrive – è il solo colpevole. Il resto della corsa è un calvario vissuto nelle retrovie, con una rimonta che si accende solo nel finale grazie a gomme più fresche ed un passo a tratti convincente. Il che, però, non basta assolutamente quando il compagno di squadra sfiora la vittoria. Non resta che sperare riesca, non si comprende come, ad evitare il tritacarne Red Bull.
CARLOS SAINZ, 13°: 🏁 🏁 🏁
In qualifica soffre rispetto a Norris, ma si riscatta in partenza insediandosi subito dietro la Rossa di Leclerc. Sorprendentemente non mantiene il passo della Ferrari, anche se nel finale il monegasco in gestione lascia che si riavvicini, ma in realtà gestisce senza grossi problemi l’arrembante gruppo di inseguitori. Ha qualche difficoltà nello sbarazzarsi di un coriaceo Grosjean e la sua gara termina fuori dai punti a causa dello stesso problema occorso alle Mercedes. Non meritava di perdere un 4° posto che sapeva, comunque, d’ordinaria amministrazione. Il che certifica un livello ormai altissimo.
LANDO NORRIS, 5°: 🏁 🏁 🏁
Quarto in classifica piloti. Chi lo avrebbe mai detto all’alba di questa folle stagione? Lando, agli onori della cronaca per il casco disegnato dalla piccola Eva, brilla in qualifica ma paga caro un lungo durante il primo giro di corsa, avvenuto durante il tentativo di sorpasso su Leclerc. Per il resto della corsa deve gestire le coperture di una McLaren meno in forma del previsto. Lo fa senza grossi problemi, evitando le vibrazioni che colpiscono al contrario la vettura gemella. Potrebbe ottenere il quarto posto ma, dopo un’ottima difesa, porge il fianco allo squalo Ricciardo. Un errore da imparare ad evitare, soprattutto in vista della prossima stagione.
DANIEL RICCIARDO, 4°: 🏁 🏁 🏁 🏁 🏁
Magistrale. Non c’è altra parola per descrivere la corsa dell’australiano. Perché se in qualifica la Renault non permette d’andare oltre l’ottava piazza (anche grazie al lungo di Vettel alla Copse), in gara Daniel sciorina, uno dopo l’altro, tutti i capitoli del manuale del perfetto animale da GP. Due posizioni recuperate in partenza, una gestione attenta delle coperture volta a sbloccare il potenziale della RS20 solo nel finale e un’ottima tenuta mentale quando, alla ripartenza dalla seconda Safety Car, Norris lo passa mentre prova ad attaccare Sainz. Il sorpasso con il quale si riprende la quinta posizione su Lando è la conferma, ammesso fosse necessaria, dell’istinto da killer mai svanito nonostante le scialbe prestazioni della giallona 2019. Maggotts-Becketts_Chapel in scia, McLaren in clipping a fine rettifilo, tuffo all’interno all’ultimo istante: il sorpasso-sorpresa perfetto. Verrà rimpianto in Renault, sperando che un (meritato) podio possa addolcire la separazione.
ESTEBAN OCON, 6°: 🏁 🏁 🏁 🏁
I primi punti importanti di Esteban valgono molto di più di una classifica costruttori maggiormente sorridente. Il francese, infatti, per la prima volta mostra un passo vicino a quello di Ricciardo sull’asciutto. Non lontano in qualifica, rimane bloccato dietro a Stroll per gran parte del primo stint, finendo dietro a Vettel in occasione della girandola di pit-stop durante la Safety Car. Non si perde d’animo sorpassando il tedesco in ripartenza e la Racing Point dopo qualche giro, per poi mettersi a girare sui tempi del compagno e delle McLaren. Tolta la ruggine sta tornando a brillare.
PIERRE GASLY, 7°: 🏁 🏁 🏁 🏁 🏁
L’Alpha Tauri può, per ora, puntare a pochi punti ed un ingresso in Q3? Pierre non si fa pregare ed esegue. Rimane escluso dall’ultima fase di qualifiche solo perché segna lo stesso tempo di Stroll qualche secondo dopo il canadese, mentre in gara non esagera nei primi giri, si sbarazza di Vettel appena ne ha occasione e scava un bel solco nei confronti della Ferrari numero 5. Il che dice tanto sul momento di Maranello quanto su quello di Gasly. Meriterebbe nuovamente la fiducia della Red Bull, ma davvero gli conviene?
DANIIL KVYAT, DNF: 🏁 🏁
Esce dalla vettura illeso dopo un botto spaventoso, del quale tra l’altro non ha la minima responsabilità. Corre quindi per soli dieci giri, durante i quali sopravanza le Alfa e le Haas insidiandosi velocemente dietro a Gasly (pagava una penalità per la sostituzione del cambio). In realtà sembra ormai gloabalmente meno veloce del francese. Non sarebbe giusto se fosse lasciato a piedi, è innegabile, ma al contempo guardando il vivaio Red Bull non può che provare enorme sollievo. Fosse presente in rampa di lancio un nuovo Verstappen, il suo volante diventerebbe rovente. Ancora una volta.
NICO HÜLKENBERG, DNS: 🏁 🏁 🏁
Quanta sfortuna si può avere per ottenere l’occasione della vita, non sfigurare mai in prova e ritrovarsi con la Power Unit ammutolita pochi minuti prima di schierarsi in griglia? Insomma, il povero tedesco sembra nuovamente rincorso da un destino beffardo. Sembra potrà comunque godere di un’ulteriore chance domenica prossima, sempre a Silverstone, dato che i tempi appaiono strettissimi per un ritorno di Perez, anche in caso (si spera) di negatività ai test. La sfrutterà ancora meglio, sbloccando il potenziale in qualifica e confermando la proverbiale concretezza nel passo gara?
LANCE STROLL, 9°: 🏁
Due settimane fa ci chiedevamo se Budapest, per il canadese, potesse aver rappresentato un fuoco di paglia. Spiace dirlo, ma sembra proprio così. Perché è vero che la Racing Point sbaglia gli assetti della RP20 (e qui si sente la mancanza di Perez), ma lui sembra arrendevole soprattutto in gara. Il surreale dialogo nel quale comunica ai box di non avere energia, sentendosi rispondere che in realtà la batteria è piena, è una crudele rappresentazione del suo peggiore difetto: appena la corsa si fa difficile, lui sembra staccare la spina perdendosi in modo a tratti banale. Non il miglior biglietto da visita per mantenere il sedile in Aston Marin
KIMI RÄIKKÖNEN, 17°: 🏁 🏁
C’è poco da dire. Se una vettura mette in difficoltà Raikkonen a Silverstone, dove solitamente eccelle, molto probabilmente i problemi sono enormi. In effetti per l’Alfa lo sono. Lontana in qualifica, non riemerge neanche in gara. Un vero e proprio calvario, terminato con un preoccupante cedimento strutturale dell’ala.
ANTONIO GIOVINAZZI, 14°: 🏁 🏁 🏁
Stavolta è superiore a Raikkonen per l’intero fine settimana, il che è un grande progresso sia rispetto all’Austria che all’Ungheria. Le prestazioni della C39 sono quelle che sono, ed infatti nonostante una partenza positiva Antonio perde man mano posizioni, riuscendo comunque a terminare a due secondi da Russell, ‘vincitore’ del fondo gruppo. Ora serve continuità, sperando che le motivazioni non risentano della monoposto.
ROMAIN GROSJEAN, 16°: 🏁 🏁 🏁
Indietro in qualifica, alla bandiera a scacchi paga una strategia molto arrembante della squadra che lo lascia in pista durante la Safety Car, regalandogli qualche giro al quinto posto. Proprio in quel frangente Romain si allinea allo spirito – lodevole – della scuderia, tentandole tutte pur di rimanere aggrappato a posizioni che non appartengono alla VF20. La sua difesa nei confronti di Ricciardo e Sainz è maschia e per poco non gli costa una penalizzazione (il direttore di gara lo redarguisce comunque con una bandiera bianconera), ma almeno dimostra uno spirito combattivo che sembrava perduto. Diverte inoltre i quasi dormienti sul divano, il che non è poco.
KEVIN MAGNUSSEN, DNF: 🏁 🏁 🏁
Qualifiche ok, visto che è il primo degli esclusi in Q1. Gara finita dopo neanche un giro. È vero, il contatto con Albon nasce da un suo lungo alla chicane Vale, ma il thailandese della Red Bull s’infila in uno spazio che non poteva non chiudersi ed a pagarne le conseguenze è solo Kevin. Un vero peccato.
GEORGE RUSSELL, 12°: 🏁 🏁
Stampa un gran giro in Q1 ma merita senza discussioni – al contrario delle puerili spiegazioni che semina tra radio e tv – la penalizzazione per aver ignorato le doppie bandiere gialle. Quei quadrati di stoffa non sono uno scherzo, ma un antico segnale da rispettare senza indugi, dato che servono a salvare la vita tanto ai piloti quanto agli addetti ai lavori. Giustificare l’averle ignorate con la potenza massima del motore Mercedes è arrogante ed infantile, oltre a fare il paio con le pessime battute dei test invernali su Raikkonen. In gara non commette errori ma paga una Williams lontana dal centro gruppo.
NICOLAS LATIFI, 15°: 🏁
Il sorpasso su Raikkonen (primo vero della sua carriera in Formula 1, secondo lo stesso Latifi) è l’unico segnale positivo di un fine settimana altrimenti disastroso. Lontano in qualifica da Russell, perso in gara, paga dazio la poca esperienza su una pista da piloti veri. La strada verso una crescita completa è ancora lunghissima.
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