top of page
  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

Kyalami 1968 - Capodanno 8 Cilindri


Lunedì 1° gennaio 1968. Kyalami, periferia di Johannesburg.


La giornata è torrida, ancor più di quelle che l’hanno preceduta. Fronti imperlate di sudore affollano il paddock dell’autodromo sudafricano, recentemente rinnovato.


L’attività dei meccanici è stata frenetica per tutto il fine settimana, domenica compresa. Le 24 ore di riposo di San Silvestro avrebbero dovuto permettere agli addetti ai lavori di tirare il fiato dopo tre giorni di prove libere e qualifiche; al contrario, l’afa ha reso pressoché impossibile raffreddare correttamente gli organi interni delle monoposto più potenti di sempre, costringendo i tecnici a una corsa contro il tempo per trovare soluzioni di ripiego.


La schiera di motori aspirati da 3000cc, in parziale debito d’ossigeno vista l’altitudine di 1500 metri, sembra impegnata in una snervante sfida a chi accumula più problemi nel minor tempo possibile. Non importa si tratti di un V12 Ferrari, dell’ormai vetusto H16 BRM, di un’unità Maserati F2 o del mitico Cosworth DFV, ai primi mesi di una carriera che si sarebbe rivelata gloriosa. Tutti, nessuno escluso, soffrono il caldo, la rarefazione dell’aria e i lunghi rettifili della pista sudafricana.


Durante le prove libere i piloti lamentano perdite di potenza, guai al sistema di raffreddamento e vere e proprie rotture meccaniche. Le squadre monitorano con apprensione il fenomeno di vaporizzazione del carburante, responsabile tanto di cali prestazionali quanto, soprattutto, di consumi esponenzialmente maggiori rispetto al previsto.


La problematica, tipica dei sistemi di alimentazione del tempo (la stragrande maggioranza dei quali ad iniezione indiretta), sorgeva al crescere della temperatura esterna e al diminuire della capacità di scambiare calore dei componenti stessi, spesso privi di sistemi di raffreddamento dedicati. Trasformatasi in vapore prima degli iniettori, gran parte della benzina andava semplicemente persa, mentre la restante offriva un pessimo rendimento nel processo di combustione, oltre a peggiorare sensibilmente il riempimento del cilindro.


Se a tutto ciò si aggiunge l’enorme ritardo del volo che da Londra trasporta buona parte dei piloti a Johannesburg, con diverse squadre impossibilitate a prendere parte alle prove del giovedì, si comprende in fretta come il primo fine settimana stagionale inizi in salita per molti dei protagonisti.


Nessuna delle scuderie affronta la corsa di Kyalami con la specifica 1968 della propria monoposto; nonostante i modelli corrano regolarmente per più di una stagione, i mesi che separano la corsa sudafricana dal secondo appuntamento stagionale (Jarama, 12 maggio) sconsigliano qualsivoglia modifica rispetto alle configurazioni del Gran Premio del Messico, ultimo appuntamento del 1967.


Anche i movimenti di mercato sono stati pochi, seppur di peso: il campione del mondo Hulme passa dalla Brabham alla McLaren e viene sostituito da Rindt, Jackie Stewart raggiunge Ken Tyrrell per correre su una Matra-Cosworth e la Ferrari schiera Andrea de Adamich sulla terza 312 F1 a disposizione.


I favoriti d’obbligo sono Jim Clark e Graham Hill su Lotus 49.


La creatura di Colin Chapman perde proprio dal GP del Sudafrica l’esclusiva sui motori Cosworth, veri e propri gioielli a quattro tempi, considerati da molti l'arma letale delle monoposto giallo-verdi. Nulla di più sbagliato: la vera forza della 49 sta in alcune intuizioni progettuali che la rendono anni luce più avanzata della concorrenza. Il propulsore reso elemento portante dona una rigidità mai sperimentata prima all’intera vettura; l’attenzione ai dettagli nella disposizione degli organi ausiliari, poi, permette un ottimo bilanciamento dei pesi e il sistema di alimentazione è raffreddato da un apposito circuito integrato. Non a caso, le monoposto del loto sono le uniche a non soffrire i problemi di vaporizzazione che affliggono buona parte delle altre scuderie.


Jim Clark, due volte campione nel mondo e leggenda vivente del motorismo, ritocca il record del tracciato al quarto giro cronometrato del giovedì. In qualifica si spinge fino a 1’21’’6, 6’’6 più rapido di un anno prima e 1’’ pieno più veloce del compagno di squadra Hill; seguono Stewart, Rindt, Brabham, Surtees (Honda) e le Ferrari.


La corsa non ha storia. Dopo un’ottima partenza di Stewart, Clark passa nuovamente al comando durante il 2° giro e in pochissime tornate costruisce un cospicuo vantaggio sugli avversari. Il pilota scozzese della Matra resiste fino a metà corsa, quando una biella del suo DFV cede e buca il basamento del V8; il terzo gradino del podio – Hill su Lotus è 2° dal giro 30 – finisce così a Rindt, ottimo classificato al termine della prima corsa al volante della Brabham-Repco.


Il resto dei partecipanti è falcidiato da innumerevoli problemi sorti nonostante una miriade di azioni correttive escogitate alla domenica. Radiatori aggiuntivi e riposizionamento dei tubi di raffreddamento non salvano Brabham, Ickx, Gurney, Rodriguez, Redman e molti altri. De Adamich sbatte perdendo la vettura su una chiazza d’olio mentre Surtees finisce doppiato a causa di una lunga sosta ai box.


Giungono al traguardo in nove, con Amon 4° su Ferrari, Hulme 5° su McLaren e Beltoise 6° a punti con la Matra F2, dopo un lungo duello con Siffert al volante della Cooper-Maserati sempre della serie cadetta.


Jim Clark vince così, in maniera assolutamente dominante, il primo Gran Premio della stagione 1968.


La corsa di Capodanno è figlia di una civiltà del motorismo che si muoveva da vero e proprio Circus, attratto dagli ingaggi degli organizzatori e lontano dalle logiche moderne che impongono doppi, tripli fine settimana di gara. Si correva sempre, il più possibile, in Formula 1 e in Formula 2, a Le Mans o al volante di una Ford Cortina. I Gran Premi permettevano di raggiungere luoghi inaccessibili ai comuni mortali, narrati solamente in libri fantasiosi e raccontati dagli inviati di radio o giornali. Impossibile ottenere riflessi filmati da tanto lontano, figurarsi immagini in diretta. Si correva senza alettoni – sarebbero arrivati solo al GP del Belgio, introdotti dalla Ferrari - e con monoposto della stagione precedente, consci che alla seconda gara di campionato sarebbero potuti cambiare tutti i rapporti di forza. Insomma, lo sport del motore era anni luce distante dalle competizioni moderne.

Il GP del Sudafrica 1968 assumerà altri significati preziosi. Sarà infatti l’ultima gara vinta da Jim Clark – a modo suo, scappando dal via come riusciva tanto bene ad Ascari prima di lui – e l’ultimo trionfo di una Lotus in colorazione originale, prima che l’oro-rosso di un tabaccaio rivoluzioni per sempre le livree in Formula Uno.


Mettersi al volante di un monoposto della massima serie all’altro capo del mondo. Non male, come programma per il primo dell’anno.


Un vero e proprio Capodanno 8 cilindri.


Fonte immagine: Twitter/F1. Principale fonte di ricerca: 'Race Report by Michael Tee, Motorsport Magazine'.


544 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page