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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

Spa 1998 - Ti Vengo a Prendere


Il racconto che segue è il terzo episodio della serie speciale di STORIEMOZZAF1ATO dedicate al Gran Premio del Belgio. In attesa dell’ultimo appuntamento, lunedì prossimo, trovate qui il primo capitolo, dedicato alla corsa del 1995, e qui il secondo, dedicato all’impresa di Jim Clark nel 1963.


Domenica 30 agosto 1998. Circuito di Spa-Francorchamps. Mancano pochi minuti alle 16 locali. La pista è avvolta nelle nubi che sin dalla mattina transitano radenti ai boschi delle Ardenne. Diluvia. Secchiata dopo secchiata, l’acqua sembra dotata di una volontà propria mentre allaga il circuito, rende fangosi i terrapieni stracolmi di tifosi e s’insinua nelle pieghe delle giacche a vento che tentano di riparare i tecnici al muretto box.


Michael Schumacher non sta semplicemente dominando la corsa. No, il tedesco di Kerpen sta costruendo un’impresa ben più grande. Ogni sterzata, ogni colpo di gas, ogni dolce spinta sul freno sta rendendo la sua F300 una sorta di monoposto-motoscafo di tutt’altra categoria rispetto ai concorrenti. Basti pensare che, appena uscito dai box dopo aver montato gli pneumatici da bagnato estremo pressoché in contemporanea a tutti i diretti avversari, Michael ha guadagnato tre secondi (!) solamente nel primo settore del giro d'uscita, che dai box collega la fine del rettifilo del Kemmel passando per la salita di Eau Rouge - Raidillon.


È la fine del 24° giro su 44 previsti. La Ferrari con il numero 3 sul musetto frena trenta, quaranta metri dopo tutti gli altri per affrontare la chicane Bus-Stop. Recupera sempre più terreno sulla McLaren-Mercedes di David Coulthard, in procinto di subire un doppiaggio-onta a metà di una corsa sportivamente drammatica per i colori argentati e per il pilota scozzese.


‘Mi avrà visto,’ pensa Schumi. Il tedesco si muove frena all’interno di La Source per assicurarsi che Coulthard lo lasci passare. Esce dal tornantino scodando, mangia metri su metri e si pone in scia sul rettifilo del Kemmel. Jean Todt cammina verso il muretto McLaren per chiedere sportività, nonostante la lotta iridata infuri a quattro corse dalla fine del mondiale. Michael frena nuovamente tutto interno a Les Combes, stavolta vicinissimo. Lo scozzese non deve far altro che allargarsi a Rivage e lasciarsi doppiare. Non può non essere consapevole della presenza del leader della corsa dietro di sé.


Certo, non si vede nulla. Niente di niente. Gli specchietti sono pressoché inutili, le colonne d’acqua alzate dalle vetture si mischiano a nuvole e pioggia, creando una barriera che nasconde le monoposto alle telecamere appena escono dal primo piano. La luce rossa posteriore è del tutto inutile. Il rumore, però, si sente. Schumi è troppo vicino. Via radio deve essere arrivata qualche comunicazione, un avviso, un'allerta.


Mal che vada Schumi dovrà affondare la staccata, come accaduto poco prima con Diniz. In fondo, si tratta solo di un doppiaggio…


Due ore prima

La griglia di partenza vede schierati Hakkinen (McLaren-Mercedes), Coulthard, Hill (Jordan-Mugen), Schumacher, Irvine (Ferrari), Villeneuve (Williams-Mechacrome) e tutti gli altri.


Le Mp4-13 dipinte d’argento e nero hanno nuovamente dominato una qualifica. Ormai, a stagione quasi finita, il dato è certo: le McLaren sono nettamente più veloci delle Ferrari sul giro secco. La messa al bando del terzo pedale (un freno aggiuntivo che rallentava la ruota posteriore interna in curva, ndr), evento responsabile di una vera e propria guerra mediatica tra la scuderia di Woking e quella di Maranello, tutto sommato non ha fermato la cavalcata delle monoposto disegnate da Newey.


Per la rincorsa all’iride di Mika Hakkinen, però, esiste un problema ben peggiore: Michael Schumacher. Il campionissimo, come accaduto nel 1997, sta trascinando la Rossa ben oltre le proprie possibilità, conquistando vittorie al limite dell’impossibile in Argentina e Ungheria - e del creativo in Gran Bretagna -, oltre ai meritati successi di Montreal e Magny-Cours. Le difficoltà iniziali delle coperture Good-Year sono superate e, ad ogni corsa, la minaccia di una strategia folle ideata da Ross Brawn e di un ritmo gara incredibile firmato Schumi è ben più che una possibilità. In fondo, è accaduto proprio così due settimane prima, a Budapest.


Schumacher, in qualifica, è rimasto distante 1.4 secondi dalle McLaren. Solo la pioggia poteva regalargli qualche speranza, e la pioggia è arrivata. Copiosa, sin dalla mattina. Mika è consapevole che in queste condizioni, a Spa, la pista dove ha esordito stupendo il mondo, Schumi è quasi imbattibile.


Deve indovinare la partenza della vita per difendersi. Lo fa. Il tedesco dietro è bloccato da Coulthard, che copre diligentemente lo spazio dietro di sé. Tutto all’esterno si butta Villeneuve, che passa secondo la prima curva. Coulthard combatte con Irvine per il quarto posto, mentre Michael è passato terzo incrociando la traiettoria. La McLaren trova sulla sua strada una pozzanghera. Le ruote pattinano. Lo scozzese non riesce a controllare l’improvviso scarto. Attraversa la pista, centra in pieno Irvine. Hill, partito malissimo sulla sua Jordan, passa per miracolo.


Il tratto che collega La Source alla compressione di Eau Rouge diventa un inferno. La nube d’acqua alzata dai primi rende impossibile a chi arriva da dietro frenare; dal botto di Coulthard in poi, chiunque tocca qualcun altro. Sembra un autoscontro o un mega-tamponamento autostradale. Sono coinvolte 12 auto su 22. La direzione gara espone la bandiera rossa, i piloti – tutti illesi tranne Barrichello dolorante ad un braccio – corrono verso i box per comprendere se riusciranno a ripartire con il muletto. Non saranno della compagnia, al re-start, il brasiliano, Salo, Rossett e Panis.

Dopo quasi un’ora si riparte. Hakkinen non scatta male ma dietro di lui Hill, stavolta, indovina la partenza. Gli basta frenare una frazione di secondo in ritardo per prendere la testa della corsa a La Source. Schumacher approfitta del momento di debolezza e affianca anche lui il rivale per il titolo in frenata. Mika si fa prendere dal panico, accelera troppo presto, si gira, viene travolto da una Sauber ed è fuori. Senza neanche aver percorso un giro.


Schumi è secondo e in classifica paga un ritardo di sette punti. Una vittoria, adesso, significherebbe sorpasso. A tre corse dalla fine.


La Safety Car rimane in pista per una sola tornata. Da subito Schumacher è l’ombra di Hill. Lo punta, danza scodando in uscita dalle curve. Su gomme intermedie non si fa intimorire dalla pioggia che aumenta sempre di più. Al termine dell’ottava tornata il tedesco esce fortissimo da Blanchimont, allarga sulla parte più bagnata del tracciato, perde per una frazione di secondo la vettura mentre affonda la staccata e passa Hill all’interno della Bus Stop.


Il pubblico è in delirio e, da quel momento, inizia lo show. Tutti gli altri diventano di un’altra categoria. Coulthard, uscito di strada al primo giro in un contatto con Wurz, è inabissato nelle retrovie. Irvine si gira e rompe il musetto. Alesi su Sauber-Ferrari risale fino al quarto posto, ma è comunque lontanissimo. Villeneuve resta in pista un giro di troppo con le intermedie e sbatte, Frentzen (suo compagno in Williams) fatica ancora di più.


Lui no. Lui vola. Fino a quando incontra Coulthard, mentre possiede un vantaggio oltre i 30’’ su Hill.


Presente

No. Coulthard non si sposta a Rivage. Svolta a sinistra e si butta nella discesa che conduce al curvone di Puhon. Lì, rimanendo in piena traiettoria, rallenta. Di colpo, decide di farsi passare.

Ripresa televisiva da Rivage. Schumacher è da qualche parte nella nube.

Schumi non può vederlo. È impossibile. Coulthard alza un vero e proprio muro d’acqua. Potrebbe forse supporre che lo scozzese lo lasci passare ma non lì, non in traiettoria. Al massimo si dovrebbe spostare a lato del rettifilo, o più furbescamente aspettare la sequenza di curve successive in modo tale che, abbassandosi la velocità, i due riescano a percepire meglio la posizione dell’altro.


Nulla di tutto ciò. La manovra della McLaren, di certo non intenzionale, è quanto di meno intelligente si possa elaborare in condizioni del genere. L’impatto è tanto chirurgico quanto devastante per la Rossa. La sospensione anteriore destra è disintegrata. La ruota vola via. Schumi procede lentamente, su tre ruote, verso i box, seguito da Coulthard senza ala posteriore.

Futuro

Il Gran Premio del Belgio continua senza riservare grosse sorprese. Le monoposto al traguardo sono solo sette. Dopo un lungo periodo di Safety Car, dovuto ad un incidente tra Fisichella e Tuero identico nella dinamica a quello di Schumacher e Coulthard, Hill conduce la sua Jordan al traguardo senza enormi patemi, grazie anche e soprattutto ad un provvidenziale ordine di scuderia che ferma la rimonta di Ralf Schumacher, molto più veloce del compagno sul bagnato. Alesi, avvicinatosi per qualche momento al duo di testa, deve accontentarsi del terzo posto.

È la prima vittoria nella storia della scuderia irlandese e il ritorno al trionfo di Hill dopo più di diciotto mesi. Michael Schumacher, imbufalito per il trattamento riservato al fratello (in realtà comprensibilissimo vista la posta in palio, nda), giura vendetta nel retro-box a Eddie Jordan; Ralf, la stagione successiva, guiderà per la Williams.


Tutti, però, hanno ancora negli occhi la domenica sera quanto accaduto al termine del giro venticinque.


Presente

Schumi parcheggia la F300 all’interno del box con una manovra perfetta, nonostante manchi un’intera ruota. Appena fermo lancia il volante avanti. Si slaccia le cinture. Salta fuori dalla monoposto. Non degna di uno sguardo nessuna delle figure amiche vestite di rosso. È una furia.


Stefano Domenicali tenta di fermarlo. Ha intuito cosa voglia fare. Michael lo spintona via. Si toglie il casco. Lo sguardo è trasfigurato.


Ti vengo a prendere, David.


Un provvidenziale muro di meccanici evita che i due vengano alle mani. ‘Mi vuoi f********nte uccidere, eh?!?’ urla il tedesco. Lo scozzese risponde a muso duro, ma le persone sono troppe perché i due riescano a mantenere il contatto visivo.

Schumacher è costretto a voltarsi e tornare indietro. Privato di una vittoria meritatissima, di un tassello fondamentale nella rincorsa alla sfida più difficile della sua carriera: vincere il mondiale con la Ferrari.


Ti vengo a prendere.

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