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  • Immagine del redattoreLuca Ruocco

2012, Scontro tra Titani - Parte VI: il Finale



Due Gran Premi. Seicento chilometri per coronare il Campione del Mondo. Una stagione folle, iniziata con sette vincitori diversi in sette gare, proseguita con un’estate Rossa ed un autunno dal sapore Red Bull. Sebastian Vettel e Fernando Alonso si giocano il mondiale. Due piloti capaci di esaltare come nessun altro la propria vettura, di conquistare vittorie impensabili e portare a termine rimonte al limite del concepibile. Si sono sfiorati a Monza, ora è tempo di andare oltre. Ora è tempo di imprese.


GRAN PREMIO DEGLI STATI UNITI

Chissà se le corse hanno un anima. Di certo a volte sembra si divertano a scombinare i piani di chi le corre, o le organizza. Il Gran Premio degli Stati Uniti torna in calendario dopo cinque stagioni. La pista di Austin è probabilmente la migliore creazione moderna di Herman Tilke: il tracciato texano, concepito appositamente per ospitare la massima serie, assume una propria identità ispirandosi ai tratti più caratteristici di altri circuiti del mondiale. Le esse veloci ricordano Silverstone, la prima curva in salita Zeltweg e il lunghissimo curvone destrorso nel finale prende chiaramente spunto dall’indimenticabile curva 8 di Istanbul. Il Circus è accolto da un meteo perfetto: il freddo del venerdì diminuisce nel resto del weekend, lasciando spazio a un cielo terso e a un piacevole sole. La pista è ancora liscia e scivolosissima, il che rende complesso portare in temperatura le mescole. Soffrono più di tutti la Ferrari e Alonso, 8° in qualifica. Vettel è in pole, seguito da Hamilton. Le premesse perché Sebastian guadagni 15 punti sullo spagnolo e si laurei campione del mondo negli Stati Uniti ci sono tutte. Eppure, dicevamo, le corse forse hanno un’anima, e a volte si divertono a far sì che la penultima gara della stagione si limiti ad introdurre l’ultimo, infuocato Gran Premio. Ad Austin si servono degli strateghi Ferrari e di Fernando Alonso. I primi, disperati nel tentativo di rimanere in corsa per il titolo, chiedono a Felipe Massa un enorme sacrificio. Il brasiliano accetta, da impeccabile uomo squadra, e i sigilli del cambio della sua monoposto vengono violati: pagherà cinque posizioni in griglia, passando dal 6° posto (davanti al compagno) fino all’11°. La mossa ha un obiettivo preciso: data la giovanissima età della pista, partire dal lato pulito sembra essere particolarmente premiante, e Alonso ottiene tale posizione proprio grazie al sacrificio di Massa. Non la spreca. Tra la partenza e la staccata della prima curva si disfa di Schumacher, Raikkonen e Hülkenberg. Alla 17° tornata è terzo grazie al ritiro di Webber per problemi al KERS. Di più non può fare, dato che il ritmo è decisamente inferiore in confronto al duo di testa, rispetto al quale paga al traguardo un distacco nell’ordine dei 40’’. Lo spettacolo è tutto davanti: Hamilton, capace nei primi giri di recuperare velocemente la posizione sottrattagli in partenza da Webber, pressa senza sosta Vettel. Il distacco tra i due è inferiore ai due secondi per gran parte della corsa, con Sebastian magistrale nell’evitare che l’avversario entri in zona DRS. La Mp4-27 dell’inglese però è leggermente più veloce, serve solo aspettare il momento giusto. Che arriva a quattordici tornate dalla bandiera a scacchi. Vettel viene rallentato proprio in prossimità del rettifilo più lungo del tracciato dalla HRT di Karthikeyan. Hamilton non si lascia cogliere impreparato: prende la scia della Red Bull, apre il DRS e chiude il sorpasso qualche metro prima della staccata, involandosi verso la vittoria.

Sul podio l’inglese è l’unico pilota rilassato. Vettel e Alonso si guardano di sottecchi. Il tedesco ha un buon vantaggio e guida la monoposto complessivamente migliore del lotto (la Red Bull festeggia ad Austin il Campionato Costruttori). Eppure non è tranquillo, perché l’ultima corsa avrà luogo su una pista matta. Un tracciato dove accade l’impossibile, dove una corsa di F1 si trasforma spesso in una vera e propria lotteria, soprattutto quando in palio c’è il titolo piloti: Interlagos.

CLASSIFICA: VET 273, ALO 260, RAI 206, HAM 190, WEB 167


GRAN PREMIO DEL BRASILE CORSA CHIAVE

Domenica 25 novembre 2012. Quando aprono le tende dell’albergo, gli uomini di Ferrari e Red Bull stentano a credere ai propri occhi. Piove. Il giorno in cui si decide un mondiale lunghissimo, perennemente in bilico, combattuto e spettacolare piove. Tra l’altro l’acqua va e viene, il che renderà ancora più incerto il GP. Sembra di rivivere quanto accaduto nel 2008, quando erano Massa e Hamilton a giocarsi il mondiale. Il brasiliano affrontava una rimonta tanto improbabile quanto quella a cui è chiamato Alonso. A Maranello sanno benissimo che l’asfalto bagnato è una vera e propria benedizione. Lo spagnolo deve recuperare 13 punti sul rivale, il che lo obbliga a conquistare almeno il gradino più basso del podio per sognare il titolo. Vista l’impossibilità di raggiungere il numero di vittorie di Vettel, il che rende un arrivo a pari punti favorevole al tedesco, Fernando correrà sapendo di aver ben poche combinazioni a favore. Dovesse conquistare il GP Vettel dovrebbe comunque terminare la corsa non oltre il quinto posto; arrivasse secondo, Sebastian dovrebbe concludere ottavo o peggio, mentre il terzo gradino del podio per l’asturiano garantirebbe il mondiale con Vettel decimo o fuori dai punti. Considerando poi l’esito di prove e qualifiche (Hamilton è in pole seguito da Button, Vettel è 4° e Alonso 7°), la pioggia sembra veramente essere l’unica speranza per Alonso e la Rossa. Nulla di più sbagliato. Perché quasi nessuno ha fatto i conti con un protagonista del tutto inatteso, un pilota diventato quasi un fantasma dopo aver vinto due corse nella prima metà della stagione: Mark Webber.


Le varie cerimonie del pre-gara, come ad ogni Gran Premio che decide un mondiale, scorrono in un clima ovattato. Le analisi degli esperti si perdono tra gli spot televisivi, la competitività delle vetture viene momentaneamente dimenticata: il mondiale piloti è deciso dagli uomini, dalle loro azioni. Per questo sovrasta in considerazione, da sempre, la classifica a squadre. È il pilota che guida la monoposto oltre i limiti della fisica. È lui che insegue il grip su una pista sempre più bagnata, che s’inventa un sorpasso capace di mandare in crisi l’avversario. È lui che pugnala alle spalle il compagno di squadra.


Le ventiquattro monoposto si schierano per l’ultima volta in griglia di partenza calzando ancora pneumatici slick: le gocce di pioggia, seppur sempre più frequenti, non hanno ancora bagnato abbastanza il tracciato. Le previsioni per la gara sono del tutto incerte. Allo spegnimento dei semafori Hamilton scatta bene dalla pole position, seguito da uno scatenato Massa (5° in griglia) e da Button. Alonso, per la gioia dei ferraristi, sfrutta l’esterno della S do Senna per guadagnare la quinta posizione. Davanti a Hülkenberg – in gran forma ad Interlagos assieme alla sua Force India – e Vettel. Il tedesco è spaesato, incredulo, si sente tradito: Webber lo ha chiuso di colpo in partenza. Nettamente, senza riguardi, scatenando l’odio represso maturato nei quattro anni di convivenza in Red Bull con il tedesco. Mark si è sentito troppe volte messo da parte, troppe volte trattato come una mera seconda guida. Vettel lo sa, non si aspetta di certo strada libera in partenza. Ma una chiusura tanto efficace da farlo precipitare settimo va oltre i peggiori incubi. Alonso è ai margini del podio e lui si trova davanti una Force India. Frastornato come un pugile alle corde, Sebastian frena prestissimo per l’insidiosa curva 4, la Descida do Lago che segue il rettilineo conosciuto come Reta Oposta. Troppo presto. Chi si trova dietro di lui viene preso in contropiede. Raikkonen blocca entrambe le anteriori e finisce largo; Di Resta rallenta di colpo, lasciando involontariamente intendere a Bruno Senna di essere vulnerabile. Il brasiliano imposta l’attacco, ma quando emerge dal retro della vettura avversaria si trova davanti Vettel, ormai impegnato a raggiungere la corda della piega sinistrorsa. L’impatto tra la Williams e la Red Bull è inevitabile. Ne segue una carambola al termine della quale Senna e Perez, del tutto innocente, devono ritirarsi. Vettel è fermo in mezzo alla pista. Colpito due volte: la prima ha asportato parte del fondo e danneggiato lo scarico sinistro. La seconda ha colpito duramente la ruota posteriore destra. Sebastian tira a sé la leva della frizione. Il motore è ancora accesso. Schiaccia l’acceleratore, innesca un testacoda e riparte. Nessuno crede a quanto ha visto. Non i meccanici Ferrari, convinti fosse accaduto l’impensabile, il colpo di fortuna capace di spianare la strada al titolo per Alonso. Non gli uomini Red Bull, pietrificati davanti allo sfumare di un sogno costruito grazie ad una seconda parte di campionato letteralmente dominata. Il titolo è nuovamente in bilico, stavolta seriamente.


Alonso coglie subito l’occasione. Non si è mai fatto trovare impreparato in stagione, figuriamoci ora. Al termine del primo giro prende la scia di Webber e Massa, per poi sorpassare entrambi grazie ad una staccata profonda alla S do Senna. Fernando è 3°, virtualmente campione del mondo. Adrian Newey ordina che al passaggio di Vettel vengano scattate delle foto alla fiancata sinistra della RB8: il tedesco sembra in grado di proseguire, ma la reale entità del danno non è valutabile e soprattutto Sebastian è ultimo. In fondo al gruppo di una corsa che avrebbe dovuto coronarlo campione del mondo. Serve reagire, senza perdere tempo. Diradare la nebbia che lo ha offuscato dopo il tradimento di Webber. Vettel lo fa, dimostrando perché la stagione 2012 è un vero e proprio scontro tra titani. Una battaglia tra due piloti eccezionali, entrambi meritevoli del titolo. All’ottavo passaggio Vettel è 8°. In poco più di 25 chilometri ha sorpassato quattordici monoposto avversarie. La furia della sua rimonta viene calmata solamente dalla pioggia ormai sempre più consistente. Tra i primi, pescando la carta vincente, solo Hülkenberg – terzo grazie ad un lungo di Alonso – e Button – primo dopo aver sorpassato Hamilton – non rientrano ai box per montare gomme intermedie. Lo scroscio di pioggia dura poco, e al 25° giro si alza un boato di sorpresa dalla tribuna centrale: Nico ha sorpassato la monoposto argento-rossa, guadagnando la testa della corsa. Una Force India è al comando del Gran Premio del Brasile.


Pochi minuti dopo la gara viene neutralizzata per lo schianto della Lotus di Grosjean, tradito dall’asfalto ormai scivolosissimo. Alla ripartenza Hamilton rende il favore a Button, cominciando l’inseguimento di Hülkenberg che, sotto pressione, al giro seguente va lungo regalandogli la leadership della corsa. Alonso è 4°, dopo aver battagliato con Kobayashi, mentre Vettel lo segue a due posizioni di distanza. Sebastian sembra aver di nuovo in mano il mondiale: Alonso non è lontano, ha davanti diverse vetture e la monoposto numero 1 sembra poter arrivare al traguardo. Il tedesco ha una sola preoccupazione: la radio dà segni di cedimento. Le comunicazioni con il muretto diventano difficilissime. I pit-stop dovrebbero essere finiti, ma se tornasse la pioggia Sebastian potrebbe perdere tempo prezioso.


52° tornata: Vettel viene richiamato ai box. In via precauzionale, dato il cuscinetto di tempo disponibile, la squadra ha deciso di montare un nuovo set di gomme medie. Due giri più tardi Hülkenberg, che ha mantenuto il passo di Hamilton, sfrutta i doppiati per tentare l’attacco all’inglese. Proprio quando l’azione sembra riuscita la Force India del tedesco, scomposta da una chiazza d’umido all’interno della S do Senna, finisce in testacoda. La posteriore destra della monoposto indiana impatta con l’anteriore sinistra della McLaren, costringendo Hamilton al ritiro e a salutare mestamente la scuderia per la quale ha corso sin dal suo esordio nel 2007. Punito da un Drive Through, Hülkenberg precipita in quinta posizione, scavalcato dalle Ferrari di Alonso (2°) e Massa (3°), mentre Webber è risalito in quarta posizione. Nel frattempo tutti i piloti sono nuovamente transitati ai box per montare gomme intermedie. La pioggia si è intensificata, e a farne le spese è stato Vettel, come temuto dal muretto Red Bull: il ritardo nell’uscita dal box dei meccanici, presi in contropiede dalle difficoltà nelle comunicazioni, lo ha nuovamente estromesso dalla zona punti. Sebastian però sembra ormai refrattario ai continui stravolgimenti della corsa: non perde la calma, e tra pit-stop degli avversari e sorpassi in pista (l’ultimo ai danni di Schumacher, all’ultimo GP della carriera), interpreta al meglio le condizioni bagnate risalendo fino al 6° posto finale.


A due giri dalla bandiera a scacchi Di Resta perde il controllo della sua Force India sbattendo violentemente contro le barriere della curva sopraelevata Arquibancadas: la corsa finisce in regime di Safety Car. Button, che ha controllato agevolmente il finale della corsa, non ha commesso alcun errore. Vince il GP, fermando la rimonta di Alonso al secondo gradino del podio. Seguono Massa, Webber, Hülkenberg e Vettel.

Sebastian è per la terza volta consecutiva Campione del Mondo. La corona iridata giunge al termine di un campionato perfettamente descritto dallappuntamento finale: imprevedibile, appassionante e in bilico dal primo all’ultimo metro. Impreziosito, soprattutto, dalle gesta di due campioni eccezionali. Due piloti protagonisti di un duello lungo una stagione, ricco di rimonte, gare sofferte e vittorie dominanti.


Un vero e proprio Scontro tra Titani.


CLASSIFICA FINALE: VET 281. ALO 278, RAI 207, HAM 190, WEB 179


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